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L'ultimo saluto a un grande defensor fidei

di ADRIANA VALLISARI
L'affollata partecipazione di fedeli alle esequie di Benedetto XVI, il ricordo dei veronesi 

L'ultimo saluto a un grande defensor fidei

di ADRIANA VALLISARI

Striscioni, cori, preghiere, applausi: migliaia di fedeli si sono ritrovati il 5 gennaio in piazza San Pietro per dare l’ultimo saluto al papa emerito Benedetto XVI, morto il 31 dicembre all’età di 95 anni. Le esequie sono state celebrate da papa Francesco, il suo successore dal 2013, dopo la clamorosa rinuncia all’incarico che suscitò molto scalpore.
«Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni», ha sottolineato il pontefice durante il rito.
Impossibile ingabbiare in etichette il lascito che ci consegna Joseph Ratzinger. Che, prima ancora della chiamata al soglio di Pietro, fu un professore dalla cultura vastissima e un teologo che ha lasciato il segno. «Prendere la parola per tracciare una strada e per custodirla: così mi sembra Ratzinger abbia inteso il suo compito di teologo – sottolinea mons. Giuseppe Laiti, docente dell’Istituto superiore di Scienze religiose di Verona –. Di questo compito ha tracciato non soltanto le condizioni oggettive, l’ascolto del nostro mondo e della rivelazione consegnata nelle Scritture affidate al corpo ecclesiale, ma anche la serietà delle implicazioni soggettive, il coinvolgimento della propria persona e il cammino della coerenza».
Ci sono dei tratti, in particolare, che l’hanno contraddistinto. «Laboriosità, umiltà e gratitudine: un modo di porsi e di servire la fede come risorsa donataci gratuitamente per assolvere il compito di divenire umani e questo lo fa nostro contemporaneo», prosegue. Ci sono poi dei testi in cui questo rapporto col presente e le domande che genera una cultura sempre più segnata dalla scienza e dalla tecnologia si fanno più forti. Laiti cita Introduzione al cristianesimo, opera pubblicata nel 1968 e tradotta in 17 lingue: in quelle pagine «rendendo onore all’intelligenza per le conquiste della scienza, ricordava che la fede custodisce la sorpresa di abitare il nostro mondo come ospiti di Dio».
Intelligenza e amore sono sempre riscontrabili nei suoi scritti. «La logica della fede non è quella di un’argomentazione razionale, ma di un incontro dove intelligenza e amore interagiscono di continuo – aggiunge il teologo, citando l’opera del 1973 Dogma e predicazione –. Così, la riflessione teologica è sempre cosa della mente e del cuore: Ratzinger lo ha imparato alla scuola dei suoi maestri preferiti, sant’Agostino e san Bonaventura».
I pensieri di Ratzinger li ha assaporati dal vivo e da molto vicino un sacerdote veronese che dal 2000 risiede a Roma. Mons. Marco Agostini, originario di Cadidavid, è Officiale della Segreteria di Stato vaticana e, dal 2009, Cerimoniere pontificio. Un ruolo, quest’ultimo, che condivide con altri sette sacerdoti: sono quelli, per intenderci, che durante le celebrazioni presiedute dal Papa lo affiancano e sono deputati al corretto svolgimento della liturgia. «Ho cominciato proprio con papa Benedetto a occuparmi di questo aspetto, che non è solo formale, per far sì che la cerimonia sia bella: la forma contiene la sostanza e aiuta il Papa e i fedeli presenti a pregare bene», dice, interpellato da Verona fedele. In questo ruolo, quindi, mons.
Agostini era presente alla destra di papa Francesco pure nel giorno delle esequie di Benedetto. Ha dunque avuto uno sguardo privilegiato sulla piazza gremita all’inverosimile attorno al feretro: un colpo d’occhio notevole. «L’afflusso enorme di persone, anche nei giorni precedenti, è stato impressionante: l’affetto per un Papa che non era più presente nella scena pubblica da dieci anni è stato travolgente – dice –. E anche durante la celebrazione del funerale, lineare e molto partecipata, era tangibile una consonanza di cuori tra Benedetto e i fedeli». In particolare, il sacerdote veronese sottolinea «la presenza massiccia di molti giovani sacerdoti venuti a Roma per onorarne la memoria: erano oltre quattromila, con un’età fra i 30 e 40 anni, un clero giovane che rappresenta il futuro della Chiesa e infonde speranza».
Benedetto XVI si continuerà a studiare e ad approfondire, è convinto Agostini. «Tutto il suo amore per Cristo si è tradotto in una riflessione teologica e in un esempio che darà i suoi frutti nel tempo – conclude –. La sua lezione contro il relativismo e la secolarizzazione ha rivelato la Chiesa per quello che è: annuncio del Vangelo per illuminare la coscienza delle persone e guidarle alla vita eterna». 
Foto Media Vatican / SIR 

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