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Carlo, una stella che ci illumina

Alla scoperta del beato della porta accanto, in un bel libro che abbiamo scelto per la nostra campagna abbonamenti

Parole chiave: Carlo Acutis (3), Campagna abbonamenti (2), Barbara Baffetti (1), Beati (7), Verona Fedele (26), Libri (38)
Carlo, una stella che ci illumina

“Tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie”. È una delle frasi più note di Carlo Acutis, il quindicenne stroncato da una leucemia fulminante nel 2006 e proclamato beato il 10 ottobre scorso. Ragazzo di oggi, dai molteplici interessi; un innamorato del Vangelo con la passione per la tecnologia, utilizzata anche per diffondere il messaggio cristiano (la sua mostra sui miracoli eucaristici nel mondo è ancora on line: www.miracolieucaristici.org).    

Un modello in grado di parlare a tutti, specialmente ai giovani. Ha scelto di scrivere di Carlo in un libro, uscendo però dal solco della biografia («che rischia di far percepire i santi come polverosi alle nuove generazioni»), Barbara Baffetti, laureata in Filosofia con una formazione in Pedagogia ed esperta di problematiche familiari, autrice di numerosi testi per bambini e ragazzi, nonché madre di quattro figli. Ha appena pubblicato Una stella di nome Carlo, un testo narrativo che abbiamo scelto come omaggio per i nostri abbonati (quelli che sottoscriveranno la formula "Amicizia", per info: tel. 045.8000121). 

I protagonisti del racconto sono Alex, Lea, Nicolò e Nina, adolescenti alle prese con le grandi domande della vita. Insieme saliranno su un pullmino a Milano, città d’origine del beato, per un campo estivo ad Assisi, luogo dov’è stato sepolto. Un viaggio appassionante che cambierà la prospettiva con cui guardare le cose: quella dei personaggi, ma pure di chi legge. Ne abbiamo parlato con l’autrice.

– I musi lunghi di Alex, le difficoltà di Nicolò, le speranze di Lea, la curiosità di Nina: sembra quasi di conoscerli questi ragazzi... 

«Sì, perché hanno molte caratteristiche degli studenti che incontro nelle scuole della mia regione, l’Umbria. Qui da anni porto avanti il progetto “Rispettiamoci”, incentrato su affettività ed emozioni: nei colloqui personali emergono tutti i bisogni dell’adolescenza, che è un forte periodo di transizione. Ho pensato che Carlo potesse essere un punto di riferimento per loro: ha vissuto una storia particolare, è vero, ma al contempo è stato un ragazzo “normale” che ha trovato delle risposte e in cui possono identificarsi. Affrontando pure il tema della fede, perché quella cristiana è incarnata e ha bisogno di esempi concreti».

–  Questo libro tuttavia non è pensato solo per i giovanissimi, no?

«No, infatti. Verso la fine ho inserito una parte sulla vita di Carlo e delle pillole di approfondimento che possono essere usate dagli educatori dell’oratorio o del catechismo per intercettare alcune domande dei ragazzi. Ma il testo può essere utile per gli educatori in generale: genitori, nonni, zii. Spesso adolescenti e pre-adolescenti fanno fatica a tirar fuori quello che hanno dentro: il racconto media i bisogni, li fa sentire più ascoltati. Diciamo spesso che i giovani sono una generazione confusa: in realtà hanno dei bisogni profondi inscritti, occorre solo trovare il modo di intercettarli».  

– Cosa le piace di più di Carlo Acutis?

«Mi ha colpito la sua leggerezza, molto adulta per l’età che aveva. Era un ragazzo solare, capace di mettersi in dialogo con tutti, inclusi gli ultimi; le testimonianze ci dicono che al suo funerale la chiesa era strapiena di persone di ogni religione e nazionalità. Carlo ci insegna la dimensione della fratellanza col mondo e questo, pur con le dovute proporzioni, lo unisce a san Francesco. Mi incuriosiva l’idea di parlare di un santo dei giorni nostri. Ho potuto ascoltare una testimonianza della madre a Perugia e ho trascorso diversi momenti al Santuario della Spogliazione, davanti alla sua tomba, e nei luoghi che amava: volevo entrare in punta di piedi nella sua vita e in quella dei suoi coetanei». 

– E il suo rapporto speciale con la tecnologia?

«Carlo ci ricorda che è possibile fare delle cose belle con i mezzi tecnologici. Non possiamo negare la centralità che hanno nella vita dei ragazzi, chiedendo di eliminarli come a noi chiedevano di non vedere l’amico del cuore, ottenendo il risultato contrario. È il loro mondo: bisogna imparare a conoscerlo e a usarlo. Carlo ci dice che i ragazzi possono autoregolarsi nell’uso delle tecnologie, come ha fatto lui. È il santo più vicino agli adolescenti dei nostri giorni: giocava alla Playstation e ha costruito un sito internet, usando la Rete con uno sguardo aperto; non era un “bigotto” sebbene la sua passione principale fosse per Gesù».

– Acutis aiuta pure chi fatica a trovare la propria strada?

«Ha vissuto ogni giorno al meglio: negli ultimi momenti si è abbandonato sapendo di non aver sprecato niente. È un grande insegnamento e un messaggio di speranza, specie in questo tempo sospeso: proviamo a custodire le cose belle, pur nelle difficoltà». 

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