Ubik Pallacanestro riprende l’attività cestistica in Valpolicella
Dopo tre mesi di lockdown, l’Asd Ugolini Petroli Ubik Pallacanestro ha ripreso in sicurezza la propria attività di basket per i suoi quasi 300 tesserati della Valpolicella, grazie ad una collaborazione con i vitivinicoltori della zona per l’utilizzo dei capannoni di Terre di Fumane srl.
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Dopo tre mesi di lockdown, l’Asd Ugolini Petroli Ubik Pallacanestro ha ripreso in sicurezza la propria attività di basket per i suoi quasi 300 tesserati della Valpolicella, grazie ad una collaborazione con i vitivinicoltori della zona per l’utilizzo dei capannoni di Terre di Fumane srl. Ecco le parole del presidente, Damiano Conati: «La nostra società, fin dalla nascita nel 2002, ha sempre avuto un’importante funzione sociale per il territorio. Nel 2018 si è evoluta, è nato il marchio Ubik Pallacanestro in abbinata con il main sponsor Ugolini Petroli e ha radunato sotto un solo stemma tutta la Valpolicella del basket: l’obiettivo cardine è diventato sportivo, ma non abbiamo mai perso i valori che da sempre ci contraddistinguono. Così, dopo 3 mesi di pandemia, lockdown e ragazzi chiusi in casa davanti allo schermo di un computer, ci siamo detti tutti che era necessario ripartire, per i nostri giovani, per questa società civile, per non perdere il ritmo della pallacanestro».
Come siete ripartiti? «Dopo una attenta lettura delle linee guida rilasciate da Governo, Regione e Federazione pallacanestro, abbiamo definito un protocollo operativo per lo svolgimento delle attività e un regolamento che è stato accettato da allenatori e atleti. Lo spazio idoneo ce l’hanno concesso le aziende agricole e cantine del territorio: l’impianto Terre di Fumane Nuova York, con due capannoni da 60 metri ciascuno, coperti ma aperti sui lati, per consentire un grande ricircolo dell’aria, pavimentazione idonea e spazi per il flusso delle automobili. Abbiamo montato tre campi da basket e tre da minibasket, rimesso in moto tutti i nostri allenatori e cambiato le regole di allenamento: piccoli nuclei di tre giocatori, separati, rispettando sempre le distanze, disinfettando di volta in volta scarpe, palloni, pavimenti e materiale usato. È un grande sacrificio, ma siamo riusciti a ripartire. Non sarà il basket a cui siamo abituati, ma l’importante adesso è dire che siamo tornati e da un #iorestoacasa si è passati al #iotornoincampo! Ed è tutta un’altra musica».
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