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Il nuoto, una “scintilla” per la vita

Xenia Francesca Palazzo è testimonial di una campagna per la donazione di sangue. Tante medaglie per l’atleta paralimpica veronese che culla il sogno delle Olimpiadi

Il nuoto,  una “scintilla” per la vita

L’Associazione donatori di sangue San Francesco d’Assisi (Asfa) e Il Sorriso di Mavi onlus hanno lanciato nei giorni scorsi la nuova campagna per promuovere l’impegno sociale della donazione di sangue tramite il modello positivo di un campione fuori dagli schemi tradizionali. E chi meglio della nuotatrice paralimpica Xenia Francesca Palazzo poteva fare da testimonial? L’iniziativa, che viene lanciata con lo slogan “Libera la mente e il cuore, vinci ogni ostacolo”, fa leva soprattutto sui valori umani e sportivi dell’atleta.
Palazzo ai recenti Campionati Mondiali di Londra ha portato lustro e onore non solo alla nazionale azzurra ma anche alla nostra città, con una splendida medaglia d’argento nei 400 stile libero, che si è andata ad aggiungere alle altre 8 medaglie ottenute dall’altro atleta scaligero presente nella capitale britannica, Stefano Raimondi.
– Xenia, su di lei prima della partenza per Londra c’erano molte aspettative e la sua risposta è stata da grande campionessa...
«Ricordo bene la pressione che c’era su di me, ma sapevo anche che sarebbe stata dura, vista l’agguerrita concorrenza. Di solito preferisco parlare con i risultati e ho mantenuto la concentrazione costantemente, durante tutta la fase di preparazione fino al momento di entrare in acqua per la gara».
– Cosa ricorda di quel giorno?
«Eravamo in quattro atlete a giocarci tre medaglie. In lizza per le prime due c’erano la britannica Alice Tai e la statunitense Jessica Long, un vero e proprio mito del nuoto paralimpico; io e la rappresentante della Francia ci giocavamo invece il terzo posto. Fin dal via della gara mi sono mantenuta in terza posizione, ma temevo il ritorno della mia avversaria, più robusta di me di braccia e gambe. Ho stretto i denti, ho dato tutta me stessa e quando alla fine ho toccato il bordo vasca ho capito di aver raggiunto la medaglia. Pensavo, ovviamente, di essere arrivata terza».
– E quando ha capito, invece, di essere arrivata addirittura seconda?
«Quando mi hanno intervistata subito dopo la fine della gara. La giornalista della Rai ha cominciato a farmi domande su quel meraviglioso finale in cui avevo superato la Long. Allora ho capito. È stato emozionantissimo. Non riuscivo a credere di aver esaurito già in quell’occasione il secondo dei miei tre grandi desideri nel mondo dello sport».
– Quali sono?
«Il primo era quello di partecipare alle tre principali competizioni internazionali: Europei, Mondiali e Olimpiadi. E ci sono riuscita. Il secondo era quello di ottenere medaglie nelle prime due competizioni. Ora mi manca solo di realizzare il terzo, ma non dico di cosa si tratta per scaramanzia, anche se si può facilmente intuire».
– Partiamo dall’inizio: ci racconta da dove viene questa sua passione?
«Quando sono nata ho avuto un’emorragia celebrare che ha messo a serio repentaglio la mia vita. Nelle settimane successive i medici mi hanno dato poche speranze di sopravvivenza. E invece, grazie all’amore dei miei genitori e alle giuste terapie, sono riuscita a crescere e a diventare adulta. Il nuoto in tutto questo è stato fondamentale. Mia mamma me lo ha fatto vivere all’inizio come terapia e riabilitazione e pure grazie a lei si è accesa in me la scintilla. Attraverso la logopedia e la fisioterapia, poi, mi sono costruita i presupposti per vivere in pieno la mia vita. Grazie ai tanti sacrifici dei miei genitori sono riuscita ad accedere al nuoto agonistico, che mi sta dando oggi tante soddisfazioni».
– Verona ha avuto un ruolo importante per lei, che è nata e cresciuta a Palermo...
«Sì, mio papà è di Palermo e mia mamma è russa, di San Pietroburgo. Abbiamo vissuto nel capoluogo siciliano per i primi dieci anni della mia vita, ma in quel periodo sono spesso andata in Russia per seguire delle terapie con la supervisione di mia nonna, neurologa».
– Qual è stato il suo approccio alla nostra città?
«Tutto molto bello: l’ambiente, gli amici, la qualità della vita decisamente migliore rispetto a quella che potevo avere in Sicilia. A Verona ho trovato delle opportunità che a Palermo onestamente non avrei mai avuto. A cominciare dal nuoto paralimpico. Qui sono cresciuta e diventata autonoma e ho potuto persino cominciare a viaggiare da sola, insieme ai miei compagni di Nazionale».
– Lei è una rappresentante della Nazionale, ma nuota per il Verona Swimming Team. Una bella soddisfazione...
«Sì e devo ringraziare il mio allenatore Marcello Rigamonti per gli enormi progressi che mi ha permesso di fare, e gli altri allenatori importanti per la mia carriera, a cominciare da mia mamma. A Palermo non ero a conoscenza del mondo paralimpico, ma imparare a nuotare con i normodotati alla fine mi ha insegnato tantissimo: innanzitutto a perdere, ma anche a ragionare per micro-obiettivi che man mano sono cresciuti. Da migliorare mezzo secondo per volta fino a partecipare ai campionati del mondo».
– E la sua squadra?
«Siamo un bel gruppo. C’è mio fratello Misha, che sta migliorando molto e spero possa qualificarsi a Tokyo. Poi ovviamente, oltre a Stefano Raimondi, ci sono Andrea Lobba, Davide Misuri e Gabriele Fadini. Recentemente si è aggiunto Filippo Padovani. Ci stiamo allargando pian piano e speriamo di poter far avvicinare i ragazzini di 8 e 9 anni. Praticare lo sport, divertirsi, fare gruppo sono aspetti importanti per un giovane. Siamo ancora una squadra piccola, ma ci piace allargare gli orizzonti».
– La campagna di cui lei è testimonial arriverà fino alla prossima estate.
«Sì, ma speriamo che in tanti donino il loro sangue, anche negli anni futuri. È rivolta a tutti, ma riserva una particolare attenzione ai giovani under 30, con eventi e incontri a loro dedicati. È un’iniziativa che spiega come ogni difficoltà e qualsiasi paura si possa tranquillamente superare. Tutti possono donare e gli ospedali vivono situazioni difficili per la carenza di sangue».

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