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Religione cattolica a scuola: i perché di una scelta da fare

Il mese di gennaio è tempo di iscrizioni a scuola o di decisioni per i nostri figli

Parole chiave: Bibbia (5), Scuola (91), Religione (7)
Religione cattolica a scuola: i perché di una scelta da fare

Nel mese di gennaio iniziano le iscrizioni a scuola e in quell’occasione va anche effettuata la scelta di avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica. Questa scelta va fatta all'atto dell'iscrizione entro il termine stabilito, compilando adeguatamente il modello on line predisposto dall’istituto scolastico. Nella scuola dell'Infanzia, Primaria e Secondaria di primo grado, i titolari dell'avvalersi del diritto di scegliere l'Irc sono i genitori o chi esercita la patria potestà.  La scelta ha valore per l'intero anno scolastico e non può essere modificata nel corso dell'anno. La scelta ha valore anche per gli anni successivi, nei casi in cui è prevista l'iscrizione d'ufficio.
Per essere più precisi: nella scuola dell'Infanzia la scelta viene espressa ogni anno; nella Primaria e Secondaria di primo grado la scelta viene operata per l'iscrizione alla classe prima. Per le classi successive è prevista l'iscrizione d'ufficio ed è quindi confermata la scelta dell'anno precedente. Anche in queste classi è possibile operare una scelta diversa da quella degli anni precedenti entro il termine stabilito per le iscrizioni, su istanza della famiglia. Per le classi diverse dalla prima, quindi, le famiglie hanno il diritto di modificare la scelta a suo tempo effettuata entro il termine delle iscrizioni.
Questi gli aspetti tecnici. Come direttore dell’Ufficio scuola della nostra diocesi e come insegnante di religione cattolica per più di 16 anni, ci tengo a fare qualche considerazione, qualche valutazione che mi fa piacere condividere con genitori, insegnanti e studenti.
L’insegnamento della religione cattolica, in quanto insegnamento culturale, è svolto nel quadro delle finalità della scuola e inserito nelle indicazioni nazionali per i piani personalizzati; è offerto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa di ciascuno e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni, e va infine ricordato che è distinto dalla catechesi, quella per intendersi che si fa nelle parrocchie o nei gruppi giovanili diocesani: è – come dicevo – un insegnamento culturale.
I contenuti di questo insegnamento, che vengono proposti seguendo specifiche indicazioni didattiche, sono indispensabili per rispondere efficacemente anche oggi alle domande più profonde degli alunni di ogni età: dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado. La questione religiosa è un’insopprimibile esigenza della persona umana, nel passato ma anche oggi, e l’insegnamento della religione cattolica intende aiutare a riflettere nel modo migliore su tali aspetti, nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ciascuno, in quanto principale valore da tutelare e promuovere per una vita aperta all’incontro con l’altro e gli altri.
In questo senso e con queste modalità, la Chiesa intende mettersi a servizio della scuola con un insegnamento, con una disciplina offerta da insegnanti riconosciuti idonei, che mantengono la loro idoneità, tra l’altro, percorrendo obbligatoriamente un cammino di aggiornamento e formazione dal punto di vista contenutistico e tecnico professionale che li aiuta a consolidare ed approfondire una professionalità che, mi permetto di sottolineare, è sempre maggiormente riconosciuta e valutata.
Siamo consapevoli di poter offrire un contributo originale e molto importante per quel processo di piena e integrale umanizzazione che la scuola persegue, al di là dell’aspetto contenutistico e delle varie abilità tecniche; un processo che tende a garantire una consapevole cittadinanza attiva, aperta e disponibile.
Mi sembra poi importante sottolineare, sempre tenendo presente il taglio culturale, il fatto che la religione cattolica è un aspetto importante, anzi fondamentale, per comprendere la storia, l’arte, il pensiero e la cultura stessa del nostro Paese; proprio per approfondire e capire senza pregiudizi segni, riti, figure e festività che non sono e non devono essere motivo di separazione. Perché un presepe dovrebbe disturbare più di un albero di Natale? Perché la festa di San Zeno o dell’Immacolata, oltre che essere giorno di vacanza, dovrebbe essere discriminante o creare divisioni? Succede lo stesso per la festa del lavoro o per l’anniversario della proclamazione della Repubblica? Non mi si obbietti ancora il fatto della laicità dello Stato: stiamo parlando di profilo culturale, non ideologico; si vuole far comprendere, non obbligare a credere.
A questo proposito va anche ricordata la crescente multiculturalità che nelle nostre classi è un fatto ormai consolidato e qui, al di là di ogni valutazione o atteggiamento, mi piace ricordare il pensiero del santo papa Giovanni Paolo II il quale affermava testualmente che ci troviamo davanti a persone provenienti da altri continenti «bisognose di accoglienza e solidarietà,  ma anche portatrici di valori culturali e spirituali che l’insegnamento della religione non può trascurare, sia per l’universalità del fatto cristiano, sia per i concreti problemi di convivenza che si pongono».
Ecco qui, non come sacerdote, non come cristiano, ma come insegnante mi sento coinvolto e perfettamente d’accordo.

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