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Badia Badia, per piccina che tu sia...

di MARTA BICEGO
Un libro ripercorre la storia del paese nell’alta val d’Illasi nell’Ottocento 

Badia Badia, per piccina che tu sia...

di MARTA BICEGO
“A tutti coloro che ricercano le proprie radici”. È la dedica che si legge nelle prime pagine di Radici. Storia di Badia Calavena nel XIX secolo, volume in cui Diego Zocca racconta le origini del suo paese, Badia Calavena, per salvarle dall’oblio. E «cercare di spiegare da dove arriviamo, per poter, chissà, capire meglio verso dove andiamo». Messaggio che affida alle nuove generazioni. Proprio lui che, trentenne, si spende in prima persona per la comunità: collabora con la parrocchia, è assessore comunale; dopo essersi diplomato perito elettronico, insegna Laboratorio ed elettronica all’Istituto professionale Giorgi. Ma la sua più grande passione lo lega al passato, soprattutto a quello della sua terra, tanto che nel 2020 si è laureato all’ateneo scaligero in Scienze storiche.
Infatti, il «breve trattato di microstoria» non è altro che la rielaborazione della tesi magistrale scritta nel periodo della pandemia. Con stile leggero, a tratti volutamente colloquiale. Perché possa essere apprezzato, appunto, dai giovani. «Da anni non venivano pubblicati libri su Badia Calavena. Che l’abbia fatto un giovane è incoraggiante», esordisce Renato Zorzella, volontario in biblioteca e curatore della pubblicazione, alla presentazione avvenuta nel cortile dell’abbazia all’ombra del campanile, lo scorso 7 luglio. Alla presenza del sindaco, Francesco Valdegamberi, e del parroco, don Dario Adami, affiancato dal collaboratore, don Luca Nicolini. Poi c’erano numerosi concittadini ad ascoltare le tante curiosità che l’autore ha pazientemente raccolto scartabellando documenti dell’archivio comunale e parrocchiale. Dal generale, quindi dalle vicende che riguardano l’Ottocento nei territori della Lessinia, si arriva al particolare, a fare luce sulle particolarità del paese dell’alta val d’Illasi.
Non mancano dettagli su «alcuni stili di vita legati al ciclo delle stagioni, superstizioni, nascite, festività». Informando, ad esempio, su una pandemia ante litteram: quella di colera che colpì Badia in più ondate. È nel 1835, riporta tra le righe Zocca, «quando il vescovo Grasser informa i parroci della diocesi di prestare attenzione alle misure di precauzione previste, di far proprie le linee guida ricevute dai commissari distrettuali e, se possibile, di istruire degli individui prescelti come infermieri straordinari». Il libro Radici (che si può trovare presso gli esercizi commerciali di Badia) riassume diverse vicissitudini che hanno interessato il capoluogo e le frazioni. Quando si rese necessario il restauro dell’abbazia. Quando fu ampliata piazza Mercato per renderla quella che è oggi, dopo l’acquisizione di un terreno privato e una lunga disputa con Gaetano Marchi, impiegato tuttofare del Comune, finita addirittura in tribunale. Quando si dovette mettere mano al campanile per restaurarlo. Quando la zona fu colpita dal terremoto del 1891.
Quando il Progno, spiega Zocca, «non aveva argini e ogni esondazione era un rischio. Le piene creavano parecchi problemi. Spesso ci si lamentava che, quando vi era da fare un funerale, non era possibile trasportare la salma da una parte all’altra. Difficile era anche far fronte alle necessità del medico o della levatrice». Fino alla realizzazione del ponte, in origine un ponticello di legno sostituito poi da una struttura in pietra nel 1912, che tuttora collega una parte all’altra del paese. È un ponte che ha fatto discutere pure quello che tuttora collega la frazione di Sant’Andrea. «Dopo l’alluvione del 1882 si dovette procedere con la realizzazione di una nuova opera», riferisce Zocca. Quando il Comune di Badia chiese alle amministrazioni di Selva di Progno e di Velo Veronese di compartecipare alla spesa, ne nacque una piccola controversia: «Fu collocato un casello di legno per riscuotere una somma a ogni passaggio. Finché i Comuni limitrofi non accettarono di compartecipare alle spese».
Una vicenda terminata con un lieto fine, almeno per le tasche dei cittadini che, per scendere a valle, dovevano per forza transitare dalla frazione. Non andò così bene invece agli abitanti di Cogollo di Tregnago: «Nel 1867 chiesero alla Giunta di diventare un Comune autonomo e di essere incorporati sotto Badia. Date alcune condizioni, si arrivò a un nulla di fatto». Come alla richiesta (era il 1867) da parte dei residenti della frazione di Sant’Andrea di ampliare le date del mercato, istituendo un appuntamento mensile. Spiega l’autore che chi legge un volume senza essere un esperto, non ricerca nel testo informazioni specialistiche, ma si lascia catturare da curiosità, aneddoti, fotografie. «È questo il motivo per cui mi sono deciso alla fine di scrivere questo libro: cercare di farvi scoprire qualcosa di più sul passato della nostra comunità. Stimolare ognuno dei miei lettori a sporcarsi un po’ le mani per togliere quegli strati di terra, di tempo, che ricoprono le nostre radici, la nostra storia». Considerazioni che accompagna a un’immagine finale, rievocata da un aforisma: «Fate come l’albero, che cambia le foglie e conserva le radici. Cambiate le vostre idee e conservate i principi». 

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