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Beppe tutto chiesa e famiglia: «La carità mi ha spinto a servire»

di LUCA PASSARINI
Giuseppe Fiorio, ordinato nel 2008: mi occupo di giovani, immigrati e... musica

Beppe tutto chiesa e famiglia: «La carità mi ha spinto a servire»

di LUCA PASSARINI

Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire”: una frase con cui Gesù descrive sé stesso, come riportato sia dall’evangelista Matteo che da Marco, e che è un riferimento importante per molti cristiani e, in particolare, per diversi diaconi permanenti. Giuseppe Fiorio, ordinato nella nostra diocesi il 21 giugno 2008, lo declina così per la sua vita: «Sento forte dentro di me la chiamata alla carità e allo stesso tempo rimango sempre affascinato dal Cristo che sceglie come suo titolo quello di “Figlio dell’uomo”, come a sottolineare che vuole accompagnare la vita di ogni persona in tutti gli aspetti e lungo tutto questo percorso terreno in attesa della pienezza». Conosciuto da molti con il diminutivo Beppe, è nato il 17 ottobre 1963 e cresciuto nella parrocchia di Palù: «Da ragazzo sono stato molto legato a questo ambiente e ho vissuto anche l’esperienza delle medie nella comunità del Seminario minore, avendo come vicerettore mons. Callisto Barbolan. È stato un cammino che mi ha dato tanto da un punto di vista umano e spirituale, oltre che offrirmi delle basi importanti sull’aspetto musicale che mi sono portato avanti per tutto il resto degli anni, approfondendolo con alcuni corsi e mettendo a disposizione questa capacità in vari modi».
Conclusa quest’esperienza, Giuseppe ha ripreso la presenza in parrocchia, questa volta con l’aggiunta della chitarra da suonare per l’animazione liturgica, e ha iniziato gli studi per diventare perito agrario, che ha però presto abbandonati: «A 14 anni ero già nel mondo del lavoro, prima in falegnameria poi come commesso in un supermercato e dopo ancora come rappresentante di commercio per una ditta di serramenti».
In questo periodo ha conosciuto figure sacerdotali importanti e da cui si è fatto accompagnare: alcuni preti della Congregazione di Gesù Sacerdote (padri Venturini) che avevano, e hanno tuttora, una casa a Zevio, e i missionari vincenziani, tra tutti padre Francesco Gonella, con cui ha fatto un percorso di approfondimento della fede. Ha quindi incontrato Elena Nardi con cui si è sposato a 27 anni, l’8 dicembre 1990, a Quinzano dove poi ha messo base la nuova famiglia: «Esattamente un anno dopo, l’8 dicembre 1991 eravamo nella stessa chiesa per il battesimo di Anna, poi sono nati Sara nel 1997 ed Elia nel 2002».
Nella sua nuova parrocchia di Quinzano, poi, si è inserito nelle attività giovanili e dell’animazione musicale alle celebrazioni: «In questo contesto, anche grazie alla frequentazione di vari preti, tra cui don Luigi Briccio Burro, per tutti don Gigi, che nel 1989 ha aperto il centro di spiritualità all’eremo di san Rocchetto, e alla vicinanza con il diacono Carlo Bernardi, nel 1995 mi sono lanciato negli studi di teologia. Per me è stata una grande esperienza di formazione e un percorso determinante per maturare una fede adulta, accompagnato soprattutto dagli approfondimenti di don Serio De Guidi e don Giovanni Gottardi».
Pure l’aspetto lavorativo nel frattempo è cambiato, con l’assunzione del ruolo di coordinatore dell’area sociale della Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare) resa possibile grazie al suo rimettersi sui libri fino al raggiungimento del diploma di dirigente di comunità facendo i corsi serali: «Per me questo lavoro è qualcosa di speciale, con la possibilità di una crescita continua da un punto di vista professionale ma soprattutto umano; sperimenti il limite e la tenacia, con la bellezza poi di poter proporre esperienze speciali in particolare ai giovani di cui ti prendi cura, come alcune gite nelle capitali europee o altre iniziative».
Dentro queste esperienze familiari, ecclesiali, formative e professionali, in Giuseppe è emersa la possibilità di una chiamata al ministero diaconale: «Ricordo ancora bene il primo colloquio di conoscenza e discernimento con mons. Ezio Falavegna, allora responsabile della formazione, e il cammino in cui hanno avuto un ruolo importante pure don Roberto Bianchini e don Luca Merlo. Momento fondamentale è stato il rito di ammissione, nel 2002 insieme ad altri tre per il diaconato permanente e alcuni seminaristi: è anche il passo in cui più sono coinvolte le mogli, che devono scrivere una lettera al vescovo attestando il loro favore alla scelta e poi confermando il tutto in pubblico durante il rito stesso».
L’ordinazione, prevista per il 2007, è stata posticipata di un anno per il cambiamento di vescovo dovuto all’accettazione da parte di papa Benedetto XVI delle dimissioni di padre Flavio Roberto Carraro per il raggiungimento dei 75 anni: «Abbiamo aspettato qualche mese in più e siamo stati i primi diaconi permanenti ad essere ordinati da mons. Giuseppe Zenti. Lui stesso mi ha nominato collaboratore a Santa Maria Maddalena, dove avevo fatto servizio anche nel periodo formativo di esperienza pastorale, prima con mons. Callisto Barbolan e poi con don Giovanni Barlottini. Mi sono occupato di adolescenti e giovani, oltre che di varie iniziative caritative della comunità, tra cui l’accoglienza dei senza fissa dimora».
Nel 2016 una nuova nomina come collaboratore del Centro pastorale immigrati e della parrocchia di Quinzano: «L’aspetto in comune è in particolare l’attenzione alle realtà giovanili e la cura dell’aspetto musicale; con i giovani delle comunità cristiane immigrate abbiamo creato un gruppo che anima alcuni appuntamenti diocesani, come la Festa dei popoli e l’Epifania dei popoli, e che si ritrova per alcuni incontri nelle parrocchie o in altri contesti: siamo stati per esempio a scambiare una testimonianza di vita e vocazione presso le clarisse nel monastero di San Fidenzio, grazia all’aggancio che avevo con suor Gabriella Giuliari che avevo conosciuto da ragazzo».
Per poter portare frutto migliore anche in questo servizio, da persona che pensava di aver abbandonato i libri per sempre a 14 anni ma che di fatto si è continuamente rimessa a studiare, ha iniziato un master in Diritto delle migrazioni presso l’Università di Bergamo: «Siamo poco più di una ventina di iscritti da tutta Italia, con una forte presenza di avvocati; da parte mia è il tentativo con cui arricchire il bagaglio con cui mettermi come sempre a servizio. D’altronde nel mio piccolo in tutto ho continuamente cercato di lasciarmi educare dal servizio dalle persone che mi sono affidate, caratteristica che il card. Martini riconosceva in mons. Oscar Romero, la cui figura ed eredità spirituale ho conosciuto nei due viaggi a El Salvador, prima con i giovani di Quinzano e poi con mia moglie, quando abbiamo incontrato in particolare Mariella Tapella e padre Rutilio Tilo Sanchez, che lavorano per le comunità più povere. Pure questo un ennesimo dono in una vita per la quale mi sento davvero fortunato».

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