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Si è fatto da solo tutte le Alpi in sella ad una bici

di CARLO RIGONI
Medico veronese 67enne e un’impresa che...

 

Si è fatto da solo tutte le Alpi in sella ad una bici

di CARLO RIGONI

Attraversare in solitaria le Alpi in bicicletta non è solo impresa per mettere alla prova la forma fisica, ma è soprattutto un grande arricchimento interiore che non si può dimenticare. Lo assicura il medico veronese Giancarlo Menini, 67 anni – effettivo al Cai, sportivo ciclista, specialista in medicina legale e delle assicurazioni – dopo aver concluso, nei giorni scorsi, un’impresa straordinaria durata quattro settimane tra ottobre e novembre, che gli ha lasciato nell’animo un segno profondo.
– Perché questo viaggio da solo?
«Ho voluto lasciare a me stesso un bel ricordo; ho cercato anche degli amici per coinvolgerli nella scelta, ma non ne ho trovato di disponibili. Ho ricevuto pure contrarietà in famiglia: moglie e figli non l’hanno presa per il giusto verso come speravo. Sono andato però fino in fondo al progetto, convinto che andrà bene dopo aver appreso, leggendo la rivista del Cai, che un ciclista ha attraversato in solitaria tutto l’arco alpino». Il dott. Menini aveva già sperimentato un’esperienza del genere nel 2019 (tre settimane tra ottobre e novembre) percorrendo in sella alla bicicletta con un amico l’Himalaya nell’asiatico Nepal, fino a raggiungere i 5.600 metri. Ma di quel viaggio l’ardimentoso ciclista ricorda bene le sofferenze fisiche e il congelamento delle mani, un’esperienza negativa. Ciò nonostante, la voglia di provare ancora in Italia era tanta; la decisione non poteva che essere scontata per attraversare Austria, Svizzera, Francia: un percorso con 25 chili di bagaglio, 2.100 chilometri, 42 passi da superare, 42mila metri di dislivello e mai a meno di mille di altezza, da Caporetto alla Liguria.
– Perché la partenza da Caporetto?
«Caporetto è ricordato nella storia per la sconfitta dell’Esercito italiano nella Prima Guerra mondiale; per me, l’inizio della più bella avventura».
– Avrà vissuto giornate di difficoltà, momenti difficili legati allo sforzo fisico e alle avversità atmosferiche…
«Al passo dello Stelvio e del Mortirolo, due giorni di pioggia e perfino grandine. E ancora, per arrivare al passo del Gran San Bernardo, partendo da Briancon in Francia, ho pedalato un’intera giornata macinando 46 chilometri in salita. Quando, finalmente, stanchissimo sono giunto in un albergo gestito dai frati che allevano i cani».
– Ha incontrato altri alpinisti?
«Io sceglievo percorsi secondari; miei compagni talvolta erano scoiattoli, volpi, marmotte…».
– Avrà visto dall’alto anche dei bei panorami.
«Ai 2.802 metri dal Col de la Bonette, in Francia, un panorama a 360 gradi stupendo, mi sembrava di avere il mondo sotto i piedi, un’emozione indescrivibile!».
– E l’ultimo tratto di Alpi?
«Sono arrivato nei pressi del Colle di Tenda, che ho dovuto raggirare perché la strada era interrotta e quindi la discesa fino a Borgo San Dalmazzo al confine tra Piemonte e Liguria, dove l’avventura si è conclusa».
– Come può sintetizzare questa uscita?
«Un arricchimento interiore soprattutto moralmente. Ero attaccato alle cose materiali, mi sono trovato in un altro mondo, mi fermavo nelle chiesette di montagna, aperte e vuote dove sostavo in preghiera. L’aspetto spirituale mi è rimasto nel cuore. Un consuntivo che migliore non potevo ricevere dalla vita: nessun rimpianto, la soddisfazione è a mille, se avessi vent’anni in meno lo rifarei. Lo consiglio a tanti altri che possono farlo». 

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