Cinema
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Ascesa e caduta di un finto campione

The program
(Regno Unito/Francia, 2015)
regia: Stephen Frears
con: Ben Foster, Chris O’Dowd, Guillaum Canet, Dustin Hoffman
durata: 103’

Parole chiave: Sul grande schermo (18), Film (104), The program (1)
Ascesa e caduta di un finto campione

Ci sono frasi che abbiamo sentito milioni di volte e alle quali probabilmente ormai non facciamo più caso. A volte, nel corso degli anni, queste frasi hanno cambiato radicalmente di significato. Un esempio classico è quello che potrebbe richiamarci questo buon film di Stephen Frears. La frase: “Lo sport è maestro di vita”, infatti, se una volta aveva probabilmente l’intento di esaltare le virtù formative della pratica sportiva, oggi ha il sapore di un allarme lanciato all’intera società.
Quando nel 1979 uscì All American Boys, diretto da Peter Yates, film che raccontava di ragazzi americani con la passione per la bicicletta, non si avevano particolari notizie di campioni di ciclismo statunitensi. Poi apparve sulle scene sportive Lance Armstrong, ciclista del Texas, che infilò sette vittorie consecutive al Tour de France, cioè alla madre di tutte le corse a tappe, dal 1999 al 2005. Un campione. Primo anche nell’ingannare se stesso e gli altri, come dimostrò un’approfondita inchiesta dell’Agenzia antidoping degli Stati Uniti, che portò alla luce il sistema truffaldino che il ciclista aveva messo in pratica con la consulenza del medico italiano Michele Ferrari, e che portò alla revoca sia delle sette medaglie del Tour che di quella olimpica, di bronzo, del 2000.
Qui Lance Armstrong è interpretato da Ben Foster e Michele Ferrari da Guillaume Canet e i due, diretti da un regista di sicuro mestiere come Stephen Frears, danno vita alla descrizione di un rapporto che fu, insieme, di complicità e di amicizia, di ambizione e autoinganno, di disonestà e autostima portata al punto tale da credere che la realtà del successo a tutti i costi fosse così forte da cancellare qualsiasi implicazione etica.
La sceneggiatura di John Hodge ha il merito di non essere costruita come la dimostrazione della tesi della mela marcia che conferma la regola di un mondo nobile e incontaminato, ma di scavare, anche con toni e stili da documentario, sia nella psicologia di un personaggio complesso come Armstrong, sia in un ambiente, come quello del ciclismo professionistico, nel quale a volte quelle più rare sembrano essere le mele buone.
Forse nessuno crede più, ed è un male, alla possibilità romantica di cimentarsi in prove sportive arrivando al successo solo con le proprie forze, capacità, talenti e volontà e senza ricorrere all’ausilio di sostanze e pratiche dopanti. Questo film ci ricorda che l’ascesa costruita con l’inganno produce comunque sempre rovinose cadute.

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