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«Chiamati a rendere presente il diacono Gesù Cristo»

di ALBERTO MARGONI
Mons. Pompili ha conferito l’ordinazione diaconale a sei giovani del Seminario Vescovile

«Chiamati a rendere presente il diacono Gesù Cristo»

di ALBERTO MARGONI
«Voi sei siete chiamati a rendere presente il diacono Gesù Cristo nel tempo della Chiesa. E come Lui anche voi siete chiamati a ripetere quell’augurio: “Pace a voi”», esprimendolo «con un amore che assomigli al suo, cioè un amore unilaterale, che non sottostà ad una logica di reciprocità», ma «totalmente gratuito e disinteressato». Con queste parole domenica scorsa in Cattedrale il vescovo Domenico Pompili si è rivolto nell’omelia della Messa ai sei giovani del Seminario Vescovile che da lì a qualche minuto avrebbe ordinato diaconi mediante l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria. I nuovi don sono: Leonardo Addis, 24 anni, di Dossobuono; Filippo Avesani, 26enne della parrocchia di San Francesco d’Assisi all’Arsenale, nel quartiere cittadino di Borgo Trento; Marco Mirandola, 24 anni, di Salizzole; Francesco Pachera, 24enne della parrocchia di San Giuseppe fuori le Mura, nel quartiere di Borgo Venezia; Andrea Rigo, 28 anni, e Federico-Elia Scappini, 35, della parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice nel quartiere di Ponte Crencano.
Commentando il Vangelo della Domenica in albis che narra la duplice manifestazione del Risorto agli apostoli nel Cenacolo e l’iniziale incredulità di Tommaso, mons. Pompili ha sottolineato che «se si sta fuori dalla comunità è difficile vedere il Risorto. Se si sta fuori dalla Chiesa è difficile arrivare alla fede. Se si sta fuori dall’assemblea comunitaria neppure la testimonianza apostolica riesce a convincere». E si è chiesto: «Perché talora le nostre chiese assomigliano ad un non-luogo, dove ci si incontra per caso, ci si sfiora, ma mai realmente si stabilisce una relazione?». Per rispondere non è sufficiente tirare in ballo la secolarizzazione o rimpiangere il passato, ma «occorre piuttosto chiedersi come oggi sia possibile l’incontro con il Risorto nel suo Corpo che è la Chiesa. E se facciamo così, siamo portati a riconoscere che solo una Chiesa ministeriale, cioè una Chiesa in cui ciascuno si mette al servizio degli altri, può corrispondere a quell’originale dono dello Spirito che Gesù stesso alita sui discepoli per inviarli in missione». Da qui l’urgente necessità che «la domenica ritrovi il suo pungolo in cui imparare tutti da capo che cosa è la fede, in cui ritrovare la speranza e le motivazioni per un impegno verso gli altri. Sì, anche noi cristiani senza accorgercene abbiamo barattato il riposo con lo svago, la riflessione con l’eccitazione, l’incontro con l’isolamento. Non è forse questo spesso il nostro weekend piuttosto che la domenica? Per contro, essere assidui all’insegnamento degli apostoli, alla koinonia tra i credenti, alla frazione del pane è essenziale per la sequela di Cristo. Senza la domenica non si dà comunità e senza comunità non si dà accesso alla fede».
Quindi, rivolgendosi agli ordinandi diaconi, ha evidenziato come essi siano chiamati anche a donare il soffio, il respiro del Risorto ad una generazione «che ha seri problemi di asfissia. Asfissia da indifferenza, asfissia da stanchezza, asfissia da incertezza». Infine ha messo in luce la loro vocazione «ad incontrare il Tommaso che è dentro ognuno di noi, deluso e tentato di allontanarsi dagli altri, finendo per diventare incredulo. Grazie però alla fede degli altri, Tommaso torna sui suoi passi. Ed è grazie allora al vostro contributo, anzi, al vostro servizio nella Chiesa che da qui oggi muove i primi passi, che sarà possibile per tanti diventare beati, pur essendo quelli che non hanno visto e creduto».

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