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Mild, full, plug-in, elettrica Vademecum per una scelta sempre più complicata

di NICOLA SALVAGNIN
Ma il vero cambiamento sarà nella modalità di acquisto

 

Mild, full, plug-in, elettrica Vademecum per una scelta sempre più complicata

di NICOLA SALVAGNIN
L’ecologia è l’ultimo terreno ideologico rimasto. Insomma un “luogo” dove le emozioni sovrastano la realtà. Dove l’irrazionale trionfa, determinando scelte appunto dettate da quel che si pensa e non da quel che è. L’automobile – e le regole attorno ad essa – ne è il paradigma. Imputata di essere la principale responsabile dell’inquinamento (le caldaie non le ricorda nessuno); di dissipare idrocarburi che producono CO2 (l’enorme uso di carbone nel mondo non lo ricorda nessuno), ha subìto negli anni un’intelligente azione di riduzione degli scarichi nocivi tramite l’adozione di nuovi carburanti – ricordate la benzina “verde”? – e di standard sempre più stringenti tramite le varie Direttive Euro. Poi il “fate bene” è stato soppiantato dal “fate presto”, che sta provocando crisi e problemi a schiovere.
Si pensi al precocissimo addio al metano (tutti hanno smesso di investire in nuove estrazioni), salvo cambiare precocemente marcia a causa di rialzi del prezzo che ci hanno fatto capire che, per ora, il metano è vitale. Ora tocca ai motori termici, dopo che certa ideologia ecologista aveva messo alla berlina i turbodiesel common rail: assai parchi nei consumi e molto meno inquinanti dei progenitori, ma accusati di ogni nefandezza fino a strozzarli nella culla con divieti e proibizioni. Mandata al macero la migliore tecnologia termica esistente, si è poi arrivati a folli incentivi pubblici per le costosissime auto elettriche – in verità con quasi nulli risultati di vendite – e all’ultima Direttiva Ue, che manda in pensione benzina e diesel tra 12 anni. Determinando con un’alzata di mano lo stop ad ogni evoluzione anche migliorativa di queste tecnologie. Oggi siamo a metà del guado. E i consumatori non sanno che pesci pigliare, rimasti a mollo in questo melmoso guado. Full hybrid, mild hybrid, plug-in, tutto elettrico... E poi Gpl, metano... Che fare dunque? Fino all’altro ieri c’è stato un unico costruttore realmente impegnato nelle tecnologie ibride (termico-elettrico): la giapponese Toyota, con la Prius già dalla fine anni Novanta. I più restii sono stati i tedeschi, che avevano i migliori turbodiesel; gli italiani (leggi Fiat e Jeep) erano a zero e più o meno lì sono rimasti fino a quando sono confluiti nel gruppo Stellantis a trazione Peugeot. Adesso il mercato offre varie opzioni: guardiamoci dentro.
Mild hybrid
Le auto mild hybrid sono il primo passo dell’universo-elettrificazione. Perfette per chi non ha la possibilità di poter contare su una rete di ricarica nei pressi del proprio domicilio o del proprio lavoro. Adatte a chi sostanzialmente è ancora indeciso sul fatto di poter abbandonare i sistemi di alimentazione tradizionali. Una piccola unità elettrica funge sostanzialmente da supporto al propulsore tradizionale (aiutando a ridurne i consumi) migliorando lo spunto ai bassi regimi. Sostituisce in un colpo solo alternatore e motorino d’avviamento ed è azionato da una cinghia connessa al motore. È inoltre collegata ad un piccolo pacco batteria (da 12 o 48 Volt), che immagazzina energia durante le fasi di frenata (e decelerazione), che restituisce al sistema quando l’unità elettrica entra in azione congiuntamente a quella termica. Questa batteria non rimpiazza quella tradizionale, dedicata essenzialmente ai servizi. Vantaggi: fanno risparmiare qualcosina nei consumi. Svantaggi: non godono dei vantaggi delle elettriche e non riducono granché gli scarichi inquinanti.
Full hybrid
Le full hybrid rimangono di fatto auto equipaggiate sia di motore a combustione interna (solo ed esclusivamente a benzina) e di una o più unità elettriche. Che, associate ad un pacco batterie dedicato, consentono per brevi tratti (nell’ordine di una manciata di km) di procedere anche in modalità solo elettrica. Sia il motore termico che quello elettrico (collocato quasi sempre nella scatola del cambio) partecipano alla trazione del veicolo. La batteria si ricarica sia durante le fasi di decelerazione (rilascio e frenata) sfruttando ovviamente il recupero dell’energia; sia attraverso il motore termico, che “cede” parte della propria energia. La fase di scarica e carica è piuttosto rapida, in modo tale da rendere il sistema efficiente. Sistema vantaggioso in città (quasi un terzo dei consumi in meno) e nei brevi tragitti a bassa velocità; quasi per niente in autostrada, dove si marcerà solo con il carburante.
Plug-in hybrid
Ha i due motori (benzina o gasolio ed elettrico) e con il secondo può andare per una cinquantina di km. Le batterie si ricaricano un pochino come le full, molto con la “spina” attaccata ad una colonnina di ricarica. Può essere domestica (ma rischia di far saltare il contatore e comunque ci mette molte ore per i 13 kw delle batterie) oppure dedicata, con potenze di ricarica variabili. Vantaggi: in elettrico consumi bassi (e costi variabili); accesso in alcune Ztl, bollo cancellato o ridotto. Per contro: consumi maggiorati se a benzina; bagagliaio ridotto; tempi di ricarica. Insomma meglio avere la ricarica domestica (colonnina) e girare quasi sempre in elettrico.
Elettrica
Appunto hanno solo motore elettrico, hanno pacchi batterie che garantiscono da 200 a 500 km (dipende dall’auto e dal piede), autonomie che stanno aumentando di anno in anno. Oltre all’autonomia, la vera questione è quella della ricarica: occorrono colonnine a forte ricarica (a seconda della potenza ci si mette da meno di un’ora a sei), serve ovviamente avere accumulatori specifici per la ricarica veloce. Ma il vero problema è il costo dell’auto: dai 20mila euro in su. E per “su” si arriva facilmente ai 50mila. E qui scatta il grande dubbio che attanaglia i consumatori: vale la pena svenarsi ora per modelli che rischiano di essere sorpassati – non fosse che per l’autonomia delle batterie – in pochi anni? Ecco che la questione-elettrico pone l’altro cambiamento epocale in vista: l’addio all’acquisto, il via libera al noleggio: tre-quattro anni di utilizzo a chilometraggio massimo prefissato, rata mensile e restituzione finale per cambiare modello. Che fare dunque? Qui non occorre solo prendere informazioni sulle auto del cuore, ma fare un’attenta analisi della propria situazione (tipologia degli spostamenti, km annui percorsi, vicinanza a ricariche, possibilità di avere quella domestica...). Roba da perderci la testa, come infatti sta accadendo. 

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