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«La Chiesa nasce per comunicare»: il primo incontro del vescovo Domenico con i giornalisti veronesi

di ADRIANA VALLISARI

Nel Salone dei vescovi, il 3 ottobre mons. Pompili ha tenuto la sua prima conferenza stampa

Parole chiave: Vescovo Domenico (11), Mons. Domenico Pompili (14), Giornalismo (7), Appuntamenti (32)
«La Chiesa nasce per comunicare»: il primo incontro del vescovo Domenico con i giornalisti veronesi

di ADRIANA VALLISARI

«Sono giornalista pubblicista anch'io», ha ricordato il nuovo vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, alla stampa convocata in Vescovado lunedì 3 ottobre, per un primo incontro di conoscenza col nuovo pastore della Diocesi. Pompili, 59 anni, dal 2007 è stato Direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana e, dal 2009, sottosegretario della stessa.

Il Vescovo ha citato subito papa Francesco e il tema della 56a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, per sottolineare l'importanza della capacità di ascolto, «fondamentale per la professione giornalistica». Sono tanti i mezzi per comunicare oggi, ha detto, «ma soltanto un ingenuo può pensare che aumentando la potenza di fuoco della comunicazione il dialogo si incrementa: grazie alla rete abbiamo di fronte un grande e un potenziale dialogo, ma spesso ci troviamo di fronte a nuove tribù digitali, in cui ciascuno ascolta quello della propria parte e il dialogo langue, mentre invece la forza della comunicazione è mettere in comune, facilitare l'ascolto e l'incontro tra le persone».

«Introdotto da don Stefano Origano, direttore di Verona fedele e dell'Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi, affiancato dal vicario per la Cultura mons. Martino Signoretto, mons. Pompili ha ripercorso le tappe della giornata d'ingresso a Verona, il 1° ottobre scorso

 

«Ho trovato un grande accoglienza per la strada, anche in questi giorni, grazie al vostro lavoro di comunicazione, più di qualcuno mi ha riconosciuto e mi ha fermato. Da parte delle persone c’è atteggiamento di fiducia, mi fa ben sperare», ha proseguito.
 

Poi, ha spiegato la scelta di visitare dei luoghi simbolo della città e della provincia. Dal Santuario mariano della Madonna della Corona al carcere di Montorio («un altro di quei luoghi invisibili, che bisogna ascoltare»), dalla mensa di San Bernardino che accoglie i poveri all'incontro a San Zeno con i giovani, seguito dalla passeggiata lungo le vie del centro, fino all'arrivo in Duomo.
 

Proprio ai giovani ha dedicato un pensiero speciale. «Sono stati loro a benedirmi a San Zeno: abbiamo voluto camminare insieme per significare che la Chiesa è sale e si mescola tra la gente», ha detto. Quindi ha sottolineato le difficoltà vissute dalle nuove generazioni. «I giovani oggi sono pochi, lenti e indecisi – ha proseguito –: c’è un calo oggettivo demografico e da qui a qualche decennio saremmo tutti sulle loro spalle, dobbiamo esserne consapevoli; sono lenti perché sono come bloccati, non riescono a fare scelte definitive per la vita: la società ha dato loro molte certezze materiali ma li ha privati delle prospettive». 

Infine, ringraziando il suo predecessore mons. Giuseppe Zenti, ha toccato anche il tema della crisi delle vocazioni. «Il problema della crisi di noi preti è legato alla crisi del tempo in cui viviamo. L’antidoto non consiste tanto in nuove strategie pastorali, ma nella ritrovata percezione di svolgere un compito che non è per sé stessi ma per le persone che ci sono destinate. Quando viene meno il rapporto col popolo si rischia di perdere il senso della propria missione – ha concluso –. Ci sono degli elementi culturali che hanno trasformato il mondo di oggi: il consumismo, l'individualismo e tutti gli altri "ismi" hanno indebolito la tenuta della comunità e di questo hanno risentito anche le vocazioni».

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