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Il commercio equo solidale aiuterà a salvare la Terra

Ma il cambiamento climatico sta danneggiando i produttori

Il commercio equo solidale aiuterà a salvare la Terra

Il pianeta Terra è malato. I sintomi più evidenti sono dati dai cambiamenti climatici, in corso per la verità dalla prima industrializzazione di metà ‘800, ma che in questi ultimi decenni stanno mostrando devastanti ricadute sull’eco-sistema. La colpa è naturalmente dell’uomo che, alla ricerca di livelli sempre più alti di benessere, ha costruito un modello di sviluppo economico e adottato stili di vita incompatibili con la limitatezza delle risorse naturali e con il rispetto degli equilibri ambientali. Basti pensare che nel solo 2018 sono state immesse nell’atmosfera oltre 33 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2) di cui il 60% dovuto al settore energetico.

Il più grande inquinatore al mondo è la Cina con 9,5 miliardi di tonnellate, seguita da Stati Uniti (4,9 miliardi) e dall’Europa (4 miliardi). Sono dunque i Paesi di antica e nuova industrializzazione a causare in gran parte il degrado dell’ambiente che viene però pagato pesantemente anche dai piccoli produttori dei Paesi poveri del Terzo e Quarto mondo, che rischiano così di non riuscire a superare una endemica e disumana povertà. Di tutto questo si è parlato nella terza edizione di “Altromercato campus” tenutasi al polo Santa Marta della nostra Università.

Gli effetti disastrosi che si stanno registrando a causa dell’innalzamento della temperatura dovuto all’immissione nell’atmosfera di anidride carbonica prodotta dall’uso intensivo di fonti energetiche fossili (carbone e petrolio) sono sotto gli occhi di tutti. Questi fenomeni avranno pesanti ricadute sui Paesi sviluppati – e dunque anche sull’Italia – ma ancor più e fin da ora lo hanno già sui Paesi del sud del Mondo. Le testimonianze dei piccoli produttori (di caffè, riso, cacao, latte di cocco e di altri prodotti) provenienti dall’Asia, dall’America latina e dall’Africa che abbiamo ascoltato sono drammatiche.

La crisi climatica ha portato alla riduzione delle aree coltivate e alla conseguente caduta della produzione; a una riduzione della resa per ettaro; alla presenza di nuovi e resistenti parassiti che compromettono i raccolti; al dissesto idro-geologico. Insomma si assiste a una regressione drammatica che può minare il lavoro di decenni portato avanti con difficoltà quasi insormontabili dai produttori locali e dalle cooperative che li rappresentano.

Il risultato complessivo sarà un aumento della povertà e la ripresa di impressionanti flussi migratori. Le Nazioni Unite stimano nel 2050 una cifra di 143 milioni di emigranti climatici, e la Fao di 45 milioni verso la sola Europa, in buona parte provenienti dall’Africa. 

Naturalmente si sta reagendo a questa situazione con tutta una serie di iniziative che vanno dal miglioramento genetico dei semi e dalla selezione di specie più resilienti, all’utilizzo programmato delle risorse idriche ed energetiche; dalla diversificazione delle colture all’uso di fonti derivanti dal “carbone vegetale”. In questa direzione diventa fondamentale l’apporto tecnico, consulenziale ed il sostegno finanziario fornito dalle Organizzazioni del commercio equo e solidale e dalle Università. Verona anche in questo campo può vantare una primazia che le fa onore.

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