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Curarsi con gli antibiotici ammalarsi di antibiotici

Usati troppo e male negli uomini e negli animali possono diventare un problema. Cosa sono e a cosa servono, chi li prescrive, quali sono le controindicazioni

Parole chiave: Antibiotici (1), Farmaci (5)
Anziana signora in primo piano che oserva attentamente una pillola

Sta diventando un problema rilevante, quello dell’abuso e del cattivo uso degli antibiotici: anzitutto perché sono sempre più inefficaci nella loro guerra ai batteri (e non ai virus!). Si stanno diffondendo malattie resistenti ai medicinali ora utilizzati e il futuro non promette di essere migliore. Si aggiunga il massiccio uso degli stessi negli allevamenti intensivi, con il rischio che carni e pesci siano ulteriori vettori di antibiotici indesiderati, che rischiano anche di disperdersi in terreni e acque. Occorre dunque un’educazione sanitaria rinforzata e un corretto uso negli allevamenti affinché, da preziosi alleati, non si trasformino in nemici.

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Antibiotici: da grandi amici a problema collaterale
Usati male, troppo, ora incapaci di difenderci da certi batteri
Chi vincerà? La silenziosa battaglia tra batteri e antibiotici è in atto da tempo. E potrebbe avere risvolti drammatici, se non si corre in fretta ai ripari con azioni mirate che siano condivise non solamente dalla comunità scientifica, ma dai cittadini. La verità è che consumiamo troppi antibiotici e spesso lo facciamo in maniera ingiustificata o scorretta. Abitudine che si unisce alla somministrazione di questi farmaci sugli animali, le cui carni a loro volta finiscono sulle tavole.
Quei super-germi silenti e agguerriti
Fantascienza, verrebbe da pensare, immaginando questi super-germi che intralciano (riuscendoci) l’azione dei medicinali. Si tratta di invisibili killer che si annidano ovunque: dagli indumenti alle superfici degli smartphone, dalle corsie degli ospedali alle lungodegenze fino ai più comuni luoghi pubblici. Sono killer silenti, impercettibili e spietati che annualmente in Italia uccidono oltre 10mila persone, mietono cioè circa 30 vittime al giorno.
Mettendo sotto la lente del microscopio l’area economica europea, un morto su tre per infezioni è italiano. A ciò si collega un altro, non certo lodevole, primato: il nostro Paese segue, sul terzo gradino del podio, Grecia e Turchia per l’antimicrobico-resistenza: quanto a impatto epidemiologico ed economico, una minaccia per la salute pubblica a sentire l’Organizzazione mondiale della sanità. La trasformazione dei ceppi batterici in organismi resistenti è un meccanismo evolutivo naturale: a determinarlo sono le mutazioni del corredo genetico, in grado di proteggere il batterio dall’azione del farmaco. Aver introdotto gli antibiotici in ambito clinico umano e veterinario ha dato origine a un’ulteriore pressione selettiva, favorendo la selezione di microrganismi resistenti. Con conseguente contaminazione della catena alimentare.
Uso e abuso: tutti colpevoli
Quando si parla di uso e abuso di antibiotici, dunque, nessuno è assolto.
Tira in ballo le responsabilità di medici, veterinari e pazienti il prof. Ercole Concia, già direttore dell’Unità operativa di malattie infettive dell’Università di Verona, affrontando la tematica dell’epidemiologia delle resistenze in un recente incontro che si è svolto all’Accademia di agricoltura, scienze e lettere. Da una parte i germi sono più agguerriti, fa notare. Dall’altra parte le aziende farmaceutiche investono dove si guadagna di più (con farmaci oncologici e vaccinazioni), non certo negli antibiotici che infatti, nel tempo, si sono rinnovati poco nelle formulazioni. «A fronte invece dei grandi nemici, i batteri, che sono diventati migliaia. Alcuni dei quali pure molto ostinati», precisa.
Per guardare la situazione da una prospettiva ampia, richiama un rapporto che il Governo britannico del primo ministro David Cameron commissionò nel 2015: gli effetti delle infezioni provocate dai “batteri resistenti agli antibiotici” (Antimicrobial resistance infection, indicati a livello internazionale con la sigla Amr) causano circa 50mila decessi ogni anno tra Europa e Stati Uniti, con centinaia di migliaia di morti in altre aree del mondo. Nella stessa analisi è­ stato stimato che, in assenza di interventi efficaci, il numero di infezioni complicate da Amr potrebbe aumentare notevolmente arrivando, nel 2050, a provocare la morte di 10 milioni di persone l’anno oltre a una perdita economica cumulativa compresa tra i 20 e i 35 miliardi di dollari. Ci troveremo davanti a nuova “grande peste” come quella del Seicento, nella quale sulle azioni della scienza avrebbero la meglio insidiosi batteri quali la Escherichia Coli, la Klebsiella Pneumoniae, lo Staphylococcus Aureus.
Sarà una battaglia dura da vincere
«Se non agiremo in modo adeguato, l’antibiotico-resistenza porterà a una previsione drammatica. Questa strage sarà soprattutto in Africa. Come siamo messi in Italia? Molto male», risponde Concia. L’Italia, secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), veste la maglia nera per tasso di resistenza: «Dati che sono considerati ineluttabili perché manca un coordinamento tra i vari livelli e nel breve futuro alcuni interventi chirurgici saranno compromessi», prosegue. «Ce lo meritiamo? Direi di sì. Perché siamo arrivati a questo punto? Abbiamo sbagliato noi medici, hanno sbagliato i veterinari, hanno sbagliato i pazienti: le colpe sono diffuse», incalza il professore, snocciolando ulteriori dati che esortano alla riflessione.
L’Italia usa circa 28 dosi giornaliere, rispetto alle 10 dell’Olanda; negli anziani il dosaggio quotidiano arriva a 120, rispetto a 21 della Germania. A Verona il 51% dei pazienti ricoverati in ospedale si avvale di antibiotici, mentre un consumo virtuoso sarebbe del 30%. Dalle corsie ospedaliere si passa agli ambulatori di medicina generale, dove la metà dei camici bianchi somministra pastiglie in caso di influenza, raffreddore e laringo-tracheite che sono malattie virali. Come se non bastasse, fa notare, «il malato ci mette del suo: nel 30% dei casi non rispetta la prescrizione medica, non assumendo nulla o non attenendosi alla durata della terapia. Noi italiani poi siamo tra i primi quanto ad auto-medicazione perché ricorriamo a una terapia precedente e se andiamo in farmacia ci danno di tutto...».
Non è finita. La proliferazione di batteri è correlata ai comportamenti. L’igiene delle mani è fondamentale, specialmente negli ambienti di cura. Le stanze singole aiutano il contenimento delle epidemie. Allargando lo sguardo alla popolazione, la mobilità internazionale ha agevolato gli scambi di virus. È arrivato per esempio dall’India il batterio Ndm (New Delhi metallo beta-lactamase) alla base di un’epidemia che Concia etichetta come «non banale»: in Toscana ha colonizzato 700 pazienti, dei quali il 90% ha avuto gravi infezioni di polmoniti e sepsi, con una mortalità del 40%.
Sorveglianza, prevenzione e controllo diventano allora parole chiave. Tra gli obiettivi del Ministero della salute c’è la riduzione entro il 2020 dell’uso di antibiotici del 10% in ambito territoriale e ospedaliero; del 30% nel settore veterinario. «Come andrà a finire? Credo che non vinceremo la battaglia – conclude –. Però potremo fare una guerra di trincea nella consapevolezza che tutti, sia medici che veterinari e pazienti, dobbiamo fare qualcosa».
Marta Bicego

Cosa sono e a cosa servono?
Curare o prevenire le infezioni provocate da batteri: a questo servono gli antibiotici. Sono medicinali in grado di uccidere i batteri stessi o di evitarne la moltiplicazione e diffusione nell’organismo oltre alla trasmissione nei confronti di altre persone. In merito alla loro efficacia, c’è una grande bufala da sfatare. Non sono efficaci contro le infezioni virali quali raffreddore, influenza e alcuni tipi di tosse e mal di gola: senza ingoiare pastiglie, il sistema immunitario è nella maggior parte di questi casi capace di “curarsi” in autonomia.
Chi li prescrive?
Il medico. Oltre alla ricetta, fornisce indicazioni su dosi, modalità, durata della terapia che dev’essere rispettata per ottenere i massimi benefici e soprattutto per prevenire lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza. L’assunzione deve seguire intervalli regolari. Ed è sbagliato interrompere la cura oppure ridurre la dose perché ci si sente meglio. Se ci si dimentica di assumere una compressa al tempo indicato, bisogna (salvo diverse indicazioni) rimediare prima possibile; tuttavia, se ci si accorge della dimenticanza quasi all’orario in cui è prevista la dose successiva, non si deve prendere dosaggio doppio.
Hanno controindicazioni?
Circa una persona su 15, secondo l’Istituto superiore di Sanità, può avere una reazione allergica agli antibiotici, in particolare a penicilline e cefalosporine; in rari casi si può verificare una reazione grave (anafilassi) che necessita di un intervento medico urgente. Come medicinali non sono adatti a soggetti con determinate patologie, donne in gravidanza o in allattamento. In alcuni casi possono interagire con altre terapie o con l’alcol. Il “fai da te”, insomma, non è consigliato.  
M. Bic.

50.000 tanti sono i decessi ogni anno, in Europa e negli Stati Uniti, causati dalla resistenza agli antibiotici secondo un’esaustiva analisi effettuata dal Governo britannico.
671.689 nel 2015 ammontavano a questa cifra per l’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control), nei Paesi dell’Unione Europea e dello spazio economico europeo, i casi di infezioni antibiotico-resistenti a cui sono attribuibili 33.110 decessi, un terzo dei quali si è verificato in Italia.
3° posto medaglia di bronzo, per l’Italia, nella classifica dei Paesi con più alto indice di resistenza agli antibiotici. Sul podio ci sono rispettivamente Grecia e Turchia. Quanto a consumo, gli italiani sono al sesto posto.
2,4 milioni è il numero di morti che, entro il 2050, l’antibiotico-resistenza provocherà secondo le proiezioni dell’Oms, con danni pari a 3,5 miliardi di dollari l’anno. L’impatto sarà superiore a quello della crisi finanziaria del 2008-2009.

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