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Confusi, smarriti, soli: giovani nel post-Covid

di REDAZIONE

Diffuso disagio tra gli adolescenti. Gli adulti che fanno? La vera emergenza è la solitudine e la mancanza di figure autorevoli che siano vicine ed educanti. ci sono anche buone prassi

Parole chiave: Socialità (1), Giovani (99), Pandemia (35), Disagio giovanile (3), Educazione (20)
Giovane ragazza tiene tra le mani uno specchi rotto che riflette la sua immagine "spezzettata" (Foto Bialasiewicz@123RF.com)

di REDAZIONE

Come stanno i nostri giovanissimi dopo due anni di pandemia? Non bene. Sono soprattutto i pre-adolescenti e gli adolescenti ad accusare il colpo. E non solo manifestando disagio con atti eclatanti – come è successo anche a Verona, col furto di un monopattino da parte di un gruppo di ragazzine violente – ma spesso rinchiudendosi in loro stessi. Abbandono scolastico, attacchi di panico e ansia, isolamento, atti di autolesionismo: sempre di più il malessere rischia di diventare un disturbo psichico. Lo dicono i numeri e i casi seguiti da educatori e psicoterapeuti: le domande di aiuto sono esplose con la pandemia, interessando fasce d’età sempre più giovani. La sfida, non solo per i genitori, è quella di intercettare questo grido prima che sia troppo tardi. Questo però presuppone che ci sia attorno a chi cresce una comunità educante attenta: ovvero adulti autorevoli, presenti nelle vite dei ragazzi con proposte e spazi di incontro. I buoni esempi ci sono: come a Bussolengo, dove una villa confiscata alla criminalità è rinata come luogo di aggregazione giovanile.

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