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Anticorpi contro il Covid: ecco una buona notizia

di MARTA BICEGO

Non sono la soluzione, ma una terapia che fa ben sperare. Farmaci creati in laboratorio "bersagliano" la proteina che è la causa del virus

Parole chiave: Anticorpi (1), Covid-19 (89), Monoclonali (1)
Anticorpi contro il Covid: ecco una buona notizia

di MARTA BICEGO

Sono creati in laboratorio e rappresentano, assieme ai vaccini al fronte della prevenzione, un’arma intelligente contro il Covid-19. Nei giorni scorsi, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha sciolto, seppure in via emergenziale, le riserve sull’utilizzo degli anticorpi monoclonali: farmaci in grado di bloccare, quando ancora nella fase iniziale dell’infezione, il virus della Sars-CoV-2. Prima cioè che vengano intaccati gli organi vitali e che le conseguenze sull’organismo arrivino a essere devastanti. Una via già percorsa, ancora nel mese di dicembre, dagli Stati Uniti per far fronte all’emergenza.
Due sono finora quelli autorizzati in Italia, con un decreto ad hoc del ministro Speranza firmato sulla base delle indicazioni tecnico-scientifiche dell’Aifa e il parere del Consiglio superiore di sanità. Nel frattempo, l’agenzia Ema non ha ancora rilasciato la certificazione e procede con la revisione dei risultati preliminari per fornire un parere scientifico armonizzato a livello di Unione Europea. Anche a Verona queste molecole biologiche sono oggetto di accurate indagini da parte dell’ateneo scaligero che, con il suo Centro di ricerche cliniche, sarà presto a coordinamento di un tavolo scientifico tra vari centri di ricerca italiani, con l’obiettivo di valutare attraverso la sperimentazione le potenzialità delle glicoproteine artificiali su tipologie di pazienti differenti da quelli adesso presi in considerazione.
Nascono dalle provette, ma il segreto degli anticorpi monoclonali risiede nella derivazione dal plasma delle persone guarite dal Covid-19. La definizione “monoclonale” si riferisce in particolare al fatto che, da un unico clone, possono nascere numerose cellule tutte uguali tra loro. Per questo, grazie alle tecniche di laboratorio, hanno modo di essere prodotti in grandi quantità e con applicazioni che spaziano nell’oncologia oppure nel trattamento di patologie croniche dell’intestino.
Sono farmaci intelligenti: come nel caso dei vaccini, hanno come missione quella di “bersagliare” la proteina Spike della quale il virus si serve per insinuarsi nella cellula dell’uomo. È proprio questa pericolosa intrusione che gli anticorpi vanno a bloccare, in maniera mirata. In pratica, nel paziente a cui viene somministrata la terapia, si scatena una capacità di reazione che è oggetto di studio per la valenza che potrebbe avere anche in termini di prevenzione dal contagio.
Per quanto riguarda invece la somministrazione, ci sono scrupolose indicazioni affinché possano essere dei veri e propri “salvavita”. Candidati ideali – che devono comunque essere attentamente selezionati – sono i pazienti contagiati da poco, ancora autonomi nella respirazione e non ricoverati. L’antivirale dev’essere assunto nei primissimi giorni, alla comparsa dei sintomi dell’infezione, tramite flebo da infondere in ospedale, sotto stretta osservazione medica. Il decorso della malattia dovrà tuttavia avvenire a domicilio, quindi non è previsto ricovero, ma periodici controlli ospedalieri. La finalità è bloccare l’aggravarsi del contagio e, di conseguenza, ridurre le percentuali di ospedalizzazione per non gravare ulteriormente sulle strutture sanitarie.
Le attese da parte della comunità scientifica sono molte, i risultati di questa nuova terapia risultano incoraggianti. È una buona notizia, ma non rappresenta la risposta definitiva. Insomma: è ancora presto per cantare vittoria e scrivere il capitolo fine sulla prolungata paretesi della pandemia.

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