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Le élite europee favorirono l’ascesa del nazismo

Éric Vuillard
L’ordine del giorno
Edizioni e/o – Roma 2018
pp. 142 – 14 euro

Parole chiave: Éric Vuillard (1), L’ordine del giorno (1)
Le élite europee favorirono l’ascesa del nazismo

Ci si poteva opporre al disegno hitleriano di egemonia sull’Europa? L’interrogativo, che sta alla base del romanzo-saggio di Éric Vuillard nel suo racconto lungo L’ordine del giorno, passa da un momento focale di questa ascesa, l’Anchluss dell’Austria, concretizzatosi il 12 marzo 1938. Sono due le immagini che si contrappongono: la perfezione organizzativa della strategia militare dell’esercito che appoggiò il Führer nelle sue conquiste, come ne tramandò l’immagine la propaganda ufficiale, e la sconclusionata marcia verso Vienna che si arenò, per molti carri armati tedeschi, nel più banale degli inconvenienti per un mezzo a motore: avevano finito il carburante. La cornice in cui si svolsero i fatti presenta aspetti inquietanti: Ribbentropp, l’onnipotente ministro degli Esteri nazista, era inquilino a Londra di Neville Chamberlain, nel senso che abitava, quando era ambasciatore, in una delle sue residenze. Non c’è immagine più plastica per definire l’illusoria politica di appeasement che diede a Hitler il margine di tempo necessario a preparare l’intervento militare. Inoltre, la società che contava, in Germania, aveva già risposto all’appello del Führer. Al primo incontro con l’imbianchino austriaco si schierano allineati i Krupp, i Vögler, i Quandt, “le più alte sfere dell’industria e della finanza”. Sono loro che finanzieranno la resistibile ascesa del nazismo da cui otterranno immensi benefici. Anche “gli schiavi di Hitler” fanno parte di questa rappresentazione, quando la manodopera per l’industria pesante e chimica sarà prelevata dai campi di concentramento e di sterminio con numeri raccapriccianti. Buchenwald, Flossembürg, Ravensbrük, Sachsenhausen, Auschwitz, altrettante tappe di un inferno senza fine. “Di un lotto di seicento deportati arrivati alle fabbriche Krupp nel 1943 – scrive Vuillard – l’anno dopo ne rimanevano venti”. E come finì, dopo la guerra? Non sembrano esserci soluzioni di continuità con questo sistema che aveva sostenuto Hitler e il nazismo e che rimase, ancora più forte di prima, al suo posto nella società e nell’economia tedesca. La cifra pattuita per il risarcimento per gli “schiavi di Hitler” che lavorarono alla Krupp fu di milleduecentocinquanta dollari a superstite. Ma andò poi via via diminuendo per gli ultimi: da settecentocinquanta dollari a cinquecento, fino ad azzerarsi del tutto. Storie incredibili che però sono accadute. Durissima la conclusione dell’autore: “Non si cade mai due volte nello stesso abisso. Ma si cade sempre nello stesso modo, con un misto di ridicolo e di spavento”. Una vera lezione da non dimenticare.

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