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Quanta bellezza racchiusa in quella parrocchiale

di ILARIA BAZERLA
Libro di don Romagnoli racconta la chiesa di Lazise

 

Quanta bellezza racchiusa in quella parrocchiale

di ILARIA BAZERLA

Vede la luce l’ultima fatica di don Guido Romagnoli, lacisiense di nascita e ritornato, dopo anni di ministero in diverse parrocchie della diocesi, nella propria casa natia, all’interno delle storiche mura scaligere. È un libro sulla chiesa parrocchiale di Lazise, dedicata ai santi Martino di Tours e Zeno. Arriva dopo un’altra pubblicazione di don Romagnoli, Quattro passi in centro, editata dall’associazione “Francesco Fontana”, corredata dalle immagini di Egidio Isotta, fotografo locale. 
La chiesa parrocchiale di Lazise è stata costruita in stile neoclassico, dopo varie fasi e vicende, tra la fine del Settecento e il 1840. Voluta da don Giovanni Vicentini, arciprete a Lazise dal 1780 al 1798, è stata progettata dall’arch. Luigi Trezza di Verona, grande ammiratore di Michele Sammicheli e progettatore di altre chiese veronesi, ville e palazzi privati, giardini e opere pubbliche. «I lavori – racconta don Romagnoli – sono poi proseguiti con i parroci don Jacopo Manzini e don Angelo Cettini, don Antonio Broglia e don Bartolomeo Tomezzoli, utilizzando parti murarie della chiesa preesistente. La costruzione fu sospesa più volte per via del ripetuto passaggio di truppe durante le guerre napoleoniche. Ripresi nel 1821, i lavori finirono gradualmente nel 1840 con l’intervento di Francesco Ronzani, che modificò il primitivo progetto di Trezza. 
Nel 1821 venne abbattuto il vecchio campanile, si fece per intero il coro, il presbiterio e la terza parte della navata, e si ricostruì il nuovo campanile alto 33 metri. Diedero un forte contributo lavorativo anche i fedeli. Infatti ogni domenica si recavano con i loro carri fino a Punta San Vigilio per raccogliere pietre e trasportarle nel cantiere della chiesa». Oltre alla storia della chiesa vera e propria, il volume riporta la descrizione e la genesi degli altari laterali, delle iscrizioni, dei fregi e delle cappelle. Una nota particolare è riservata all’antico organo e alle numerose confraternite che fino dal Seicento erano parte della comunità cristiana del paese. 
Il libro, dal titolo semplice (Chiesa di San Martino e San Zeno – Lazise) è composto da un’ottantina di pagine. È stato arricchito dalle foto de “Il Punto di Vista”, storica bottega di ottica e foto del paese ed è stato editato da Grafica Bm servizi grafici e Grafiche San Valentino nel mese di ottobre scorso. «La parrocchia di Lazise è molto antica, tanto che il primo documento scritto sulla comunità cristiana risale al 983: riporta la presenza di un presbiter di nome Gisemperto e descritto come uno dei 18 capi di Lazise, ai quali l’imperatore Ottone II concesse i benefici di autonomia al borgo lacisiense nel corso della Dieta di Verona – continua l’autore –. Successivamente, nel 1077, l’edificio diventa pieve. 
Nella prima metà del XII secolo, all’interno dell’attuale sede cimiteriale, venne eretta la prima chiesa dedicata a san Martino, in stile romanico. Col passare degli anni la chiesa diventa sempre più fatiscente ed il vicario del vescovo Gian Matteo Giberti, giunto alla pieve in visita pastorale il 16 ottobre 1526, nota che ha bisogno di evidenti restauri. Fu abbandonata nel 1528 a causa delle devastazioni di alcuni eserciti invasori. Nel frattempo i fedeli si diressero nella chiesa dedicata a san Zeno, dentro le mura di Lazise ed edificata nel 1295, che di fatto divenne la chiesa parrocchiale con patroni contitolari san Martino e san Zeno».
Assieme alla cronistoria della parrocchiale, il libro di don Romagnoli riporta tutti gli arcipreti e pievani che sino succeduti dal 983 fino ai nostri giorni. «Lazise – conclude don Guido – ha radici millenarie che hanno sviluppato e scandito, secolo dopo secolo, una lunga, interessante e importante storia e sono ancora in grado di nutrire la nostra comunità, se sapremo tenerle vive. Ritengo che questo libretto sulla storia della parrocchiale possa essere un dono alla nostra comunità, affinché resti memoria della nostra chiesa, alla quale personalmente sono molto legato. Desidero ringraziare il Signore, la Madonna e tutti i santi per avermi concesso il dono della consacrazione e di continuare a godere di questo splendido luogo sacro che rappresenta un’importante parte di storia del nostro paese».

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