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Don Gorzegno, esempio di impegno pastorale e civile

di MARTA BICEGO

Un libro traccia prete morì dopo aver salvato dalle onde i suoi ragazzi

Parole chiave: don Stefano Gorzegno (1), Chiesa (182)
Don Gorzegno, esempio di impegno pastorale e civile

di MARTA BICEGO

È lassù, in Paradiso. Ed è quaggiù nei cuori dei familiari, degli amici e dei ragazzi che salvò dai gorghi del mare, sacrificando se stesso. Atto finale di un’esistenza trascorsa al fianco degli ultimi e più fragili: che si trattasse di uno studente in difficoltà nello studio, di un ragazzo che non riusciva a restare al passo dei coetanei.
È tuttora esempio di generosità, di impegno pastorale e civile, don Stefano Gorzegno: sacerdote veronese che il 30 luglio 2003, sulla spiaggia di Termoli, non esitò a mettere in salvo i giovani della sua parrocchia di Bojano, paesino in provincia di Campobasso, che stavano per annegare tra le onde. «Come stanno i ragazzi?» sussurrò prima di spirare sulla sabbia per un malore, all’età di 44 anni.
Frase che simbolicamente apre la pubblicazione Arrivederci in Paradiso. Storia di un “povero” prete di montagna (Qui Edit), quasi per suggellare l’esemplare generosità. Inizia dalla fine la pubblicazione voluta dall’associazione “Amici di don Stefano Gorzegno” per andare oltre la cronaca di quella giornata, impressa nella mente di molti e stampata sulle pagine dei giornali dell’epoca, ravvivando piuttosto la memoria come antidoto agli egoismi dei tempi attuali.
Il curatore Francesco Mercanti tratteggia così un’esistenza straordinaria, lascia parlare il protagonista, dà voce a chi lo conobbe e alle comunità in cui portò la sua opera. «Don Stefano è vivo e dal Paradiso ci guarda, ci protegge, ci guida col suo esempio», ha esordito alla presentazione del volume ospitata nei giorni scorsi in Vescovado. In prima fila, mamma Graziella che ha messo a disposizione documenti fondamentali per la stesura; e mons. Gianfranco Ferrari che, oltre a firmare la prefazione, fu padre spirituale di don Stefano e ne assecondò l’attitudine di mettersi al servizio del prossimo, indirizzandolo verso una parrocchia povera del Sud Italia.
I ricordi di oggi e di ieri sono il sottile filo che unisce Verona dove il sacerdote nacque nel 1959, frequentò le parrocchie di San Pietro Apostolo e San Francesco d’Assisi all’Arsenale, fu animatore e catechista; dove s’innamorò della montagna e percepì il fuoco della vocazione che lo portò nel 1981 a entrare nel Seminario romano maggiore per diventare “prete missionario”.
All’ordinazione, nel 1987 nella Cattedrale di Campobasso, rifiutò casula, calice e regali; accettò invece una Panda acquistata grazie ai parrocchiani di San Francesco, auto che gli fu utile quando fu nominato parroco di Roccamandolfi, nella diocesi di Campobasso-Bojano. Declinò quindi il suo servizio laddove la sua vocazione missionaria ebbe origine, in Molise.
Dal 1996 al 2001 fu parroco di Voltago e Frassenè Agordino, nella diocesi di Belluno-Feltre, dove scrisse su un bollettino parrocchiale il testamento spirituale che costituisce l’ossatura della pubblicazione: qui, ha spiegato Mercanti, si trovano le righe che danno il titolo al libro. Era il 2001 e don Stefano aveva deciso di tornare a Bojano: «Nel manifestare alla gente del Bellunese la commozione per il distacco, che sentiva assolutamente necessario, esortò ad accogliere, accudire e affiancare il suo successore come un fratello, concludendo il suo congedo con “Arrivederci in Paradiso, sulla vetta della Santa Montagna”. Frase che pronuncia un vivo e accenna alla vita, non destinata a scomparire ma a trasformarsi in una nuova dimensione alla presenza di Dio», ha evidenziato.
Del resto don Stefano aveva doti non comuni: era uno sportivo, un eclettico artista che prendeva parte alle recite parrocchiali, un amante dell’arte. «Il libro non ha lo scopo di aprire la strada per la santità di don Stefano, sebbene la speranza che questo possa avvenire c’è. Più che eroe, per noi è già santo sul campo. Vogliamo mostrare come un prete può essere tale fino in fondo, senza compromessi», ha concluso il curatore, aggiungendo di aver donato di recente una copia del libro a papa Francesco. È una figura, ha fatto eco il vescovo mons. Giuseppe Zenti, che vale la pena conoscere e far conoscere in ogni parrocchia. 

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