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I preti stranieri in Italia: una presenza significativa

di PAOLO ANNECHINI

Sono 2.812, religiosi e diocesani impegnati nello studio o in attività pastorali

I preti stranieri in Italia: una presenza significativa

di PAOLO ANNECHINI

Alla Commissione missionaria del Triveneto tenutasi il 23 gennaio scorso presso i Missionari Saveriani a Vicenza si è parlato della realtà dei preti stranieri presenti in Italia nelle diocesi e negli istituti religiosi. Sono intervenuti don Giuseppe Pizzoli, direttore di Fondazione Missio, che cura le convenzioni tra questi sacerdoti e le diocesi italiane attraverso la Cei; don Marco Testa, direttore del Cum, che segue la formazione di questi operatori pastorali; Assunta Steccanella, teologa pastoralista, docente della Facoltà teologica del Triveneto.

I dati parlano chiaro: per ogni missionario fidei donum italiano (prete diocesano) che va in missione all’estero, ce ne sono cinque che arrivano in Italia. Oggi in Italia ci sono 1.476 sacerdoti diocesani stranieri: 790 in servizio pastorale, 686 studenti. A questi si aggiungono 1.336 religiosi stranieri che lavorano in impegni diocesani, per un totale di 2.812. Dei 790 sacerdoti stranieri in servizio pastorale, 407 arrivano dall’Africa, 134 dall’Europa dell’Est, 164 dall’Asia, 85 dall’America.

Solitamente, afferma don Pizzoli, anche i sacerdoti studenti sono accolti nelle parrocchie italiane, così come i sacerdoti in servizio pastorale. «Ma se per questi ultimi l’impegno pastorale è predominante, per gli studenti è previsto solo nel fine settimana, per lasciarli liberi di impegnarsi nello studio. Sono due convenzioni diverse, quella del sacerdote straniero studente da quella del sacerdote straniero in impegno pastorale: il primo è qui per approfondire gli studi e tornare poi nel Paese di provenienza mettendo a frutto le competenze acquisite come docente nei seminari, come formatore o come esperto di diritto canonico».

Per chi fa esperienza pastorale, la convenzione si inserisce nello scambio tra chiese per un arricchimento pastorale. Ambedue le convenzioni hanno la durata massima di nove anni, non prorogabile. Queste, dice don Pizzoli, «sono le regole: in molti casi vengono rispettate, ma a volte, per vari motivi, non lo sono. Dopo nove anni di presenza in Italia, qualche sacerdote straniero fa fatica a rientrare nel proprio Paese e magari il vescovo in Italia non lo lascia molto volentieri perché nel frattempo si è ben inserito e ha acquisito ruoli e incarichi».

Ecco perché in questi anni 398 sacerdoti diocesani stranieri hanno chiesto e ottenuto l’incardinazione in diocesi italiane. Nel tentativo di governare il fenomeno, ancora nel 2011 la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli metteva in guardia dalla prassi di diocesi che, per carenza di sacerdoti, facevano ampio ricorso a sacerdoti di altri Paesi: c’è il rischio, affermava il dicastero vaticano, di impoverire ulteriormente le chiese nel Sud del mondo.

Altri dati presentati da don Pizzoli: i preti fidei donum italiani all’estero sono 282 e i laici fidei donum 219. Tre finora hanno usufruito della convenzione giovani partita il primo ottobre scorso. Nel Triveneto, ha affermato Agostino Rigon, coordinatore della Commissione regionale missionaria, ci sono 84 sacerdoti stranieri in servizio pastorale e 99 studenti, per un totale di 183 sacerdoti stranieri. Don Marco Testa, direttore del Cum, si è soffermato sul percorso formativo dei sacerdoti stranieri in Italia.

«È doveroso – ha detto – avere un progetto chiaro, che individui precisi percorsi per accogliere, proteggere, integrare, promuovere questi sacerdoti, altrimenti diventa spreco quella che invece dovrebbe essere, per la pastorale italiana, una grande risorsa». È intervenuta anche Assunta Steccanella sottolineando come la presenza di religiosi stranieri abbia portato ad un cambiamento nell’assetto degli istituti di formazione ecclesiastica nel Triveneto: Marcianum, Santa Giustina, San Bernardino e Facoltà teologica del Triveneto dove gli iscritti stranieri sono rispettivamente l’80%, il 60%, il 75% e il 50%. Numeri tutt’altro che trascurabili che, se da una parte tengono in vita gli stessi istituti, dall’altra si sono rivelati occasioni irripetibili di trasformazione metodologica e contenutistica, attraverso i vissuti che questi sacerdoti portano con sé. 

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