«Noi cattolici abbiamo lavorato sottotraccia, è tempo di parlare nello spazio pubblico»
di BRUNO DESIDERA
Parla il presidente nazionale di Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano

di BRUNO DESIDERA
Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica, è stato a Treviso a parlare di quanto sia importante essere “testimoni di speranza”. Ma toccando pure ambiti più “politici”: «Stiamo vivendo un tempo complesso che dobbiamo sapere abitare, ma soprattutto dobbiamo saper vivere insieme, riscoprendo la forza della dimensione associativa, la grande profezia per questo tempo.
– Torna forte, in questo contesto, l’appello ai cattolici a essere impegnati nella società, nella politica. Da dove ripartire?
«Io credo che proprio la Settimana sociale di Trieste abbia avuto un grandissimo merito, quello di mettere l’accento sul tema della rigenerazione della vita democratica. Come ci diceva il presidente Sergio Mattarella, abbiamo bisogno di una democrazia ad alta intensità. Noi abbiamo un impegno come cattolici, quello di aiutare il Paese, le sue istituzioni a guardare al grande tema della democrazia come strumento di partecipazione, guardando soprattutto ai più deboli. Tutto questo non è scontato, ha bisogno di percorsi formativi. Aggiungo che, anche in questi anni, mentre si è parlato tanto di insignificanza, di afasia dei cattolici, tanti hanno lavorato dentro moltissimi percorsi ed esperienze, a livello sociale, a livello economico, cooperativo. E adesso, però, c’è un bisogno, quello di prendere maggiormente parola nello spazio pubblico. Credo davvero che la rete di Trieste si sia in qualche maniera attivata. Penso, ad esempio, alla rete di amministratori che si stanno incontrando a livello regionale che si sono ritrovati a metà febbraio a Roma, per un grande incontro nazionale. Si tratta di uno dei frutti di questo percorso, ma ce ne potranno essere tanti altri. Si tratta, insomma, di prendersi cura della democrazia, che è di tutti, non tanto di rivendicare un proprio spazio. Dobbiamo contribuire, affinché lo spazio pubblico sia davvero a misura di tutti e quindi a partire dai più deboli, perché davvero la partecipazione di tutti sia il primo passo per la ricerca del bene comune».
– Qualche idea concreta per procedere in questo senso, anche a livello locale?
«Noi abbiamo voluto offrire un percorso che si chiama “Parole di giustizia e di speranza”. Sono degli strumenti, delle schede messe nelle mani delle nostre associazioni, perché io credo che la prima formazione politica sia una formazione alla cittadinanza attiva, e debba essere fatta in maniera ordinaria, nella vita quotidiana delle nostre associazioni. Forse, in questo tempo dobbiamo poter aggiungere anche qualcosa in più, collaborare affinché ci sia una rigenerazione di quei percorsi tradizionali, chiamiamoli laboratori di partecipazione, che non solo formano coloro che vogliono accostarsi alla vita politica, ma che costruiscono dei veri propri luoghi di incontro con chi è già dentro la vita politica. Innanzitutto per dire che la comunità cristiana stima questa vocazione alla politica, e poi l’accompagna offrendo dei percorsi di discernimento».
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