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Se nel mondo i confini diventano muri

Bruno Tertrais - Delphine Papin
Atlante delle frontiere.
Muri, conflitti, migrazioni
Add Editore - Torino 2018
pp. 144 - euro 25

Se nel mondo i confini diventano muri

Osman Kalin. Classe 1925, arrivò dall’Anatolia in Germania nel 1943, in pieno secondo conflitto mondiale. A guerra finita, Osman iniziò a fare il muratore in una Berlino che nel frattempo veniva divisa: americani, francesi e inglesi da una parte, sovietici dall’altra. All’alba del 13 agosto 1961 i cittadini di Berlino si svegliarono con la città tagliata in due dal filo spinato. Poi murarono anche il confine dentro Berlino.
Nel 1969 Osman Kalin decise di iniziare a piantare aglio e cipolle, proprio sotto il muro. Arrivarono immediatamente gli agenti della Volkspolizei, i Vopos, per dirgli che quella terra apparteneva a Berlino Est. Osman rispose che lui si trovava nella zona Ovest e che Berlino Est stava oltre il muro. Kalin ignorava che la terra che aveva occupato si trovava nella Deutsche Demokatische Republik. Proprio in quel punto, infatti, il muro avrebbe dovuto fare una sorta di zigzag per seguire perfettamente il confine reale; per risparmiare cemento, però, le autorità di Berlino Est tagliarono fuori un lembo di terra socialista dentro Berlino Ovest. Quindi Kalin si trovava sul territorio della Ddr, dove la polizia occidentale non aveva competenza territoriale. Allo stesso tempo i Vopos non potevano sloggiarlo, perché un pezzo di Berlino Est era stato lasciato dall’altra parte.
Entrambe le autorità gli intimarono di spostarsi, ma lui, essendo un turco e non un tedesco, per il quale Befehl ist Befehl, un ordine è un ordine, sconcertò tutti non obbedendo. Alla fine si arrivò a un compromesso: Osman Kalin avrebbe fornito cipolle ai Vopos i quali, in cambio, non avrebbero più chiesto lo sfratto per lui e la sua Baumhaus an der Mauer (cioè “casa sull’albero a ridosso del muro”, anche se costruita non sopra, ma intorno a due alberi).
Quest’episodio, emblematico di come un semplice cittadino abbia vinto una battaglia della Guerra fredda semplicemente ignorando il confine tra Est e Ovest, è ricordato da Marco Aime nella prefazione all’Atlante delle Frontiere. Muri, conflitti, migrazioni, testo di Bruno Tertrais e Delphine Papin edito a Parigi nel 2016 e pubblicato nell’aprile 2018 dalla torinese Add (la traduzione in italiano è dello stesso Aime).
A prenderlo in mano e a sfogliarlo, con il suo formato 27,5 x 26 cartonato e le sue 46 cartine ed infografiche, questo Atlante delle frontiere sembrerebbe un testo per studenti delle superiori; in realtà, il volume spiega a tutti che oggi, nel mondo, esistono 323 frontiere terrestri su circa 250mila chilometri, aiutando a capire cosa si nasconde dietro le linee che dividono o uniscono i popoli.
Attraverso cinque capitoli (frontiere ereditate, frontiere invisibili, muri e migrazioni, curiosità frontaliere, frontiere in fiamme), gli autori raccontano il mondo attraverso il prisma dei confini, compreso quello ignorato da Kalin. Perché confine deriva dal latino cum-finis, insieme alla fine, ed è una linea che separa due spazi che formano una continuità: “Solo così ha senso (e non sempre ne ha) separarli”, rammenta giustamente Aime.   

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