La scuola siamo noi
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La vita è fatta di relazioni: la prima “materia” da insegnare

Come educatori dobbiamo aiutare i nostri ragazzi nel relazionarsi col mondo

Parole chiave: La scuola siamo noi (17), Educatori (2)
La vita è fatta di relazioni: la prima “materia” da insegnare

La vita è fatta di relazioni. La scuola è fatta di relazioni. Perché la vita, con tutta la sua stupenda imprevedibilità, che noi lo vogliamo o meno, entra prepotentemente nel “mondo” della scuola. La relazione è alla base della nostra esperienza scolastica, ad ogni età. E lo abbiamo capito ancor di più quando, durante il periodo del lockdown causato dal Covid, queste relazioni ci sono venute a mancare.
Docenti e alunni, docenti e genitori, docenti e docenti, alunni e alunni, dirigente scolastico e docenti… è tutta una continua dinamica relazionale. “In principio era il Verbo (Gv 1,1)” recita il Vangelo di Giovanni. Mi piace immaginare questo Verbo, sì come Parola di Dio, ma anche come parola reale ed estremamente concreta, che sta alla base della relazione e anche strumento di lavoro principale nella vita scolastica quotidiana (quanti docenti rimangono “senza voce”?). Come scrive Martin Buber, “All’origine c’è la relazione” ed è proprio questo incontro alla base dei processi di apprendimento, qualunque siano i ruoli, le funzioni e le età di chi ruota attorno al complesso mondo della scuola.
E infatti quando esplode la crisi? Quando le relazioni non funzionano. E quando invece le relazioni funzionano (e questo vale nella vita quotidiana di tutti noi) i processi di apprendimento (familiari e lavorativi) scorrono fluidi, produttivi, gioiosi. Perché, sembra una banalità, “la prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino” (Maria Montessori).
Le neuroscienze ci confermano in questo, dimostrando che tutti i processi di apprendimento passano attraverso l’emozione e la gioia dell’incontro. Le neuroscienze ci parlano di empatia, intenzionalità, “mirroring”, scoprendo come le emozioni siano anche un fatto sociale e condiviso. Uso il termine emozione proprio per la sua etimologia (dal latino ex moveo) che indica il “mettere in movimento, smuovere, una vibrazione dell’animo”. In fondo, se pensiamo alla nostra esperienza scolastica, i ricordi più belli sono legati all’emozione-relazione data da un docente “speciale”.
Ci si chiede perciò quale sia il ruolo dell’insegnante. Cosa fa un insegnante? Nell’immaginario collettivo si dice e si pensa: “Niente!”. In realtà l’insegnante fa la differenza tra il fallimento e il successo dei nostri ragazzi.
Credo perciò che come educatori e insegnanti, qualunque sia il nostro ruolo ed età, dobbiamo diventare sempre più esperti di relazioni. Ormai i contenuti sono a disposizione dei nostri ragazzi, le informazioni sono tantissime e attraverso gli strumenti tecnologici possono essere facilmente reperite, elaborate e condivise. Faremo la differenza con i nostri ragazzi dando loro la capacità di selezionare le informazioni, valutarne la qualità con spirito critico, ma credo soprattutto che la leva strategica stia invece nel farli diventare competenti nelle relazioni. E questo possiamo farlo solo ed esclusivamente attraverso l’esercizio.
Non possiamo aspettarci che i nostri ragazzi possano essere esperti nel relazionarsi se non utilizziamo la scuola come una palestra quotidiana; lavorando con metodi cooperativi e non competitivi, aumentando la didattica laboratoriale, aiuteremo i nostri ragazzi ad imparare a lavorare insieme, competenza strategica per la propria vita professionale, ma anche per la crescita personale.
La scommessa lanciata nel futuro sarà avere ragazzi capaci di non negare il conflitto, che all’interno di una dinamica relazionale è strutturale, ma di saperlo accogliere e gestirlo in maniera costruttiva, senza trasformare ogni scontro in una devastante lotta per la supremazia. Potrebbe essere questa la scommessa profetica a cui la scuola dei prossimi anni è chiamata?

Alessio Perpolli
Dirigente scolastico

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