Il Fatto di Bruno Fasani
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Otto per mille ai musulmani facciamo un po’ chiarezza

Nei giorni scorsi, un noto politico italiano sosteneva che per favorire l’integrazione dei musulmani residenti in Italia, sarebbe stato opportuno riconoscere loro l’8 per mille, così come avviene per la Chiesa cattolica e per altre confessioni religiose.

Parole chiave: Otto per mille (1), Il Fatto (417), mons. Bruno Fasani (19)

Nei giorni scorsi, un noto politico italiano sosteneva che per favorire l’integrazione dei musulmani residenti in Italia, sarebbe stato opportuno riconoscere loro l’8 per mille, così come avviene per la Chiesa cattolica e per altre confessioni religiose.
Su questo tema è il caso di spendere qualche parola, giusto per evitare inutili vittimismi, della serie: perché la Chiesa sì e i musulmani no? La domanda, posta in questi termini, sembrerebbe alludere a privilegi, dove il pesce grosso, cioè la maggioranza in termini religiosi, si farebbe pescecane nei confronti di minoranze meno tutelate. La faccenda non è esattamente così.
Dal 2005 il Ministero dell’Interno ha istituito una Consulta islamica d’Italia con lo scopo preciso di favorire tutto quanto possa aiutare la loro integrazione. Ne facevano parte rappresentanti dei vari gruppi islamici, oltre ad alcuni rappresentanti del governo. La Consulta aveva elaborato una Carta dei Valori, ossia una piattaforma di principi fondamentali della nostra Costituzione, la cui sottoscrizione era vincolante per ottenere il riconoscimento giuridico della realtà islamica in Italia. Detto più semplicemente, lo Stato italiano diceva loro così: voi sottoscrivete questa Carta, vi impegnate a rispettarla e un vostro gruppo di rappresentanza diventa ufficialmente l’interfaccia del governo, così come avviene con la Cei, tanto per fare un esempio. A quel punto non solo ci sarebbe stato il riconoscimento ufficiale, ma anche l’accesso all’8 per mille. Ma a quel punto, invece di firmare, è arrivato il “bello”, perché tra di loro, i musulmani, tante volte si amano come cane e gatto. È bastato poco perché quello che doveva diventare un rapporto giuridico si trasformasse in una frittata. Se oggi i musulmani non possono accedere all’8 per mille non è colpa dei cattolici o del governo che strizzerebbe l’occhio ai vescovi. È semplicemente perché i musulmani non sono capaci di mettersi d’accordo, riproducendo in scala ridotta quello che vediamo verificarsi nel resto del mondo. La mancanza di un rapporto istituzionale con lo Stato italiano non ha solo conseguenze economiche. Sono ben altre le ricadute in termini sociali e culturali. Va ricordato che questa frammentazione di appartenenza diventa poi frammentazione di vedute, dove un  numero sempre maggiore di musulmani non fa riferimento ad alcun vertice gerarchico e a nessuna direttiva culturale che non sia il proprio punto di vista. Poi, la mancanza di una Carta dei valori condivisa fa sì che per quieto vivere si stia facendo largo una cultura relativistica, ossia la tendenza a rispettare la loro diversità comunque sia. Sto pensando ad esempio come a volte si assista ad una palese violazione dei diritti della donna che per nessuna ragione può essere conciliata con la nostra Costituzione. Ma a quel punto non è più una questione di tolleranza, quanto un tacito consenso perché cresca uno Stato dentro lo Stato. E questo non è accettabile, oltre che pericoloso.

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