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La Chiesa è tempo ascolto e carità

La dichiarazione Dignitas infinita (di cui parliamoa pag. 23 di Verona fedele), frutto di anni di riflessione e lavori, non poteva che vedere la luce in questo tempo liturgico, dato che proprio la Pasqua ha dato pienamente all’umanità la sua dignità.

Parole chiave: Editoriale (381), Chiesa (182), Ascolto (6)
La Chiesa è tempo ascolto e carità

La dichiarazione Dignitas infinita (di cui parliamoa pag. 23 di Verona fedele), frutto di anni di riflessione e lavori, non poteva che vedere la luce in questo tempo liturgico, dato che proprio la Pasqua ha dato pienamente all’umanità la sua dignità. Tali sono le parole di una colletta pasquale, e in generale la liturgia di queste settimane ha molto da dire su chi sia profondamente l’essere umano, credente o no.

Un primo aspetto è che la vita vera non è fuga dal mondo, ma uno stare in mezzo alla storia, caratteristica (sorprendente) pure del Risorto. D’altronde proprio un suo dono è la pace, anche quella più difficile ovvero con noi stessi che, come ha spiegato il vescovo Domenico Pompili nell’omelia della seconda domenica di Pasqua, “non vuol dire accettiamo compromessi, ma riconosciamo i nostri limiti”.

Secondo aspetto dell’umano è la relazionalità: non si è persone da soli, così come non si può essere cristiani da soli. Sempre nella stessa omelia, il Vescovo ha evidenziato come tutte le fatiche dell’apostolo Tommaso siano legate al fatto che “non era presente quando Gesù arriva” presso la comunità riunita. Se è vero che solo in una rete di rapporti cresce e si esprime l’umano, questo vale ancor di più per i credenti. La fede non può prescindere dalle relazioni – “non si può imparare a credere da soli”! – e non può maturare se viviamo la comunità ecclesiale come “una sorta di non luogo dove ci si incontra per caso, si evitano rapporti, si va come al supermercato: si prende quello che serve e si scappa via”.

Per questo Pompili ha indicato alcune caratteristiche fondamentali delle relazioni nella Chiesa perché essa possa essere feconda. La prima è la costanza, il coltivare rapporti mettendoci dentro “tempo, fatica, disinteresse” perché essi diventino un ancoraggio sicuro e non ci si ritrovi da soli. Altra caratteristica è l’ascolto, oggi più che mai decisivo pur se sembra diventato un optional, visto che “ognuno vuol dire la sua, far sapere al mondo chi è, che cosa vuole”. Infine la carità, quel “fare qualcosa per gli altri, rimettendoci e non guadagnandoci”, che è ciò che trasforma la vita da mercato sterile a realtà che fa prosperare e garantisce un futuro.

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