Editoriale

stampa

Iniziato il tempo di Avvento, propizio per rimettere in sesto la nostra vita spirituale prima di accostarci alla festa del Natale del Signore, ci accorgiamo che le operazioni per cercare di rimettere in sesto i conti economici sono iniziate da tempo, insieme con l’accensione delle luminarie che, almeno nelle intenzioni dei commercianti, dovrebbero mettere allegria e voglia di comprare.

Qualcosa sta cambiando nel Paese se il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’ultimo mese ha sentito la necessità di ribadire più volte che l’informazione è un bene pubblico di rilevanza costituzionale. E che la libertà di stampa e la tutela delle minoranze richiedono il sostegno dello Stato...

La questione non è se funzionerà oppure no. È molto più seria. Non si tratta solo della promessa (o scommessa?) che il reddito di cittadinanza previsto dal governo gialloverde farà ripartire l’economia del Paese. L’Istat, la Corte dei Conti, Confindustria, l’Fmi, la Commissione europea ci dicono che non funzionerà. Il governo al contrario assicura che sarà uno strumento per la crescita. I conti li faremo alla fine...

Avete presente il minimarket che vendeva dall’anguilla marinata al sapone di Marsiglia, dal Fernet alle scope di saggina? O il calzolaio che in una mattinata ti risuolava le scarpe, le lucidava facendole risplendere come nuove e già che c’era ti cambiava pure le stringhe?

L’ignoranza non c’entra e spesso nemmeno la comprensibile paura di chi, magari anziano, debole e rinchiuso nel proprio mondo, fatica ad accettare la persona sconosciuta e che di diverso ha solo il colore della pelle o la fede religiosa.

Nel clima di incertezza che fa da sfondo a questo momento storico nel nostro Paese, non è facile avere uno sguardo capace di travalicare le miserie contingenti e di raccontare un futuro che vada oltre il famigerato “Io speriamo che me la cavo”.

Per la Chiesa veronese la festa di san Daniele Comboni, celebrata il 10 ottobre, non è una come tante altre. Vuoi perché il santo vescovo missionario, nato a Limone del Garda nel 1831, è anche un figlio della nostra terra, vuoi perché ha tracciato una via che ha entusiasmato tanti a seguirlo fino a sacrificare la propria vita per i popoli che vivono nelle regioni più lontane del globo.

Mi da sempre più fastidio un certo atteggiamento di passiva accettazione della realtà che sta dilagando. Soprattutto la continua lamentela rispetto ad una serie di situazioni nuove, dove i cristiani dovrebbero avere invece uno sguardo al tempo stesso rappacificato e profetico...