Condiscepoli di Agostino
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La famiglia vertice e fine della creazione

Quello del Sinodo dei Vescovi è sempre un grande evento per la Chiesa. Trattandosi però di un Sinodo che è chiamato a focalizzare il valore della famiglia, oggi messa culturalmente in profonda crisi, sui parametri della creazione da parte di Dio e della redenzione operata da Cristo, non c’è dubbio che esso ha una singolare e straordinaria importanza...

Quello del Sinodo dei Vescovi è sempre un grande evento per la Chiesa. Trattandosi però di un Sinodo che è chiamato a focalizzare il valore della famiglia, oggi messa culturalmente in profonda crisi, sui parametri della creazione da parte di Dio e della redenzione operata da Cristo, non c’è dubbio che esso ha una singolare e straordinaria importanza.
Ci permettiamo pertanto qualche flash di impronta biblica che ci aiuti a sintonizzarci con i padri sinodali. Anzitutto, la famiglia nella sua dimensione creazionale. Prendiamoci in mano il testo, in duplice redazione, della Genesi sulla creazione dell’uomo. La prima redazione: “Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza […]. E Dio creò l’uomo a sua immagine: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1,26-28). Qui c’è la famiglia come l’ha pensata, progettata e realizzata Dio creatore: maschio e femmina aperti alla trasmissione della vita. Vertice e fine della creazione. Miniatura della vita trinitaria di Dio, riproduzione del suo amore relazionale. Da sempre, da prima del tempo, Dio si era coccolata la realtà della famiglia come sua immagine e somiglianza, nella sua mente e nel suo grembo di amore trinitario. Tutto poi ha predisposto, nella evoluzione della creazione, in funzione della famiglia. La seconda redazione: Adamo va alla ricerca di “un aiuto che gli corrisponda” (Gen 2,18.20). La sua solitudine viene colmata dalla donna, creata da Dio. Di pari dignità: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda” (Gen 2,18). Eva è “osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne” (Gen 2, 23). Ecco gli sposi: uno risposta all’altro. Uno richiamo all’altro. La coppia. Talmente unita, nella distinzione delle identità, al maschile e al femminile, da formare “una sola carne” (Gen 2,24). Questa assoluta novità nell’ambito della creazione, rispetto a tutte le altre creature che l’hanno preceduta come proprio terminale, viene salutata dal testo biblico come “realtà ottima”, cioè davvero divina, degna di Dio, sua opera d’arte. Più oltre nemmeno Dio può andare. Più oltre c’è solo Dio. il salmista dirà: “Lo hai fatto poco meno di un dio” (Sal 8,6).
Si comprende allora anche il settimo giorno: “Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò” (Gen 2,2-3). Certo, nella mente dell’autore sacro il riferimento alla benedizione e consacrazione del settimo giorno ha una destinazione ben precisa: il valore del sabato ebraico. Tuttavia, mi pare sia lecito allargarne il senso, nella sua dimensione evocativa di giorno benedetto e consacrato alla contemplazione. Dio per primo ha fatto festa dopo aver creato la famiglia. Il settimo giorno è la sua festa. La festa riservata alla contemplazione della sua opera d’arte, la famiglia. Di essa ha potuto e può giustamente compiacersi. E le sorride come un innamorato. La famiglia è davvero il sorriso dell’amore trinitario di Dio sulla creazione. Ogni atto di benevolenza verso la famiglia è atto di riconoscenza a Dio. Ogni sfregio alla famiglia è un insulto a Dio.
Realtà dunque, quella della famiglia, pur nei suoi travagli, sempre da ricomprendere nel suo valore e nella sua splendida e ineguagliabile bellezza. Specialmente nel settimo giorno, che per i cristiani è anche il primo della settimana: la domenica! Consacrata proprio alla riscoperta del valore della famiglia, al suo consolidamento mediante il nutrimento alla Parola e all’Eucaristia nella liturgia eucaristica domenicale, e alla sua contemplazione. Se la domenica sarà consacrata alla famiglia, sarà una occasione straordinaria per riconoscere l’identità e il valore relazionale di ogni suo membro. Sarà davvero la festa della famiglia. Di questa festa ha urgente bisogno la nostra società, per non soccombere nell’insignificanza, lasciata sola alla deriva del senso del vivere.

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