Una giornata particolare
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Il Qatar, piccolo emirato che ospita i Mondiali e che ha un doppio volto in molte situazioni

Il 3 settembre è la Giornata dell’indipendenza del Qatar: quest’anno ha un gusto particolare, dato che è celebrata a circa 100 giorni dalla finale dei prossimi Campionati mondiali di calcio che si terranno proprio nell’emirato...

Parole chiave: Indipendenza (1), Una giornata particolare (117), Qatar (2)
Il Qatar, piccolo emirato che ospita i Mondiali e che ha un doppio volto in molte situazioni

Il 3 settembre è la Giornata dell’indipendenza del Qatar: quest’anno ha un gusto particolare, dato che è celebrata a circa 100 giorni dalla finale dei prossimi Campionati mondiali di calcio che si terranno proprio nell’emirato.
La delusione per l’assenza della Nazionale italiana forse ci ha fatto rimuovere i tanti dubbi etici, accuse di corruzione, morti nella costruzione degli stadi che ha accompagnato l’attesa e che ci fa mettere in dubbio il senso di questa Giornata. Infatti, questa terra ricca di fascino, cultura e storia, festeggia l’indipendenza dall’Inghilterra ma non può dirsi davvero “sempre libera” e “rispettosa delle conquiste degli antenati”, come invece canta nell’inno. La famiglia reale Al Thani, che governa il territorio dal 1825, dopo l’uscita di scena degli inglesi nel 1971 ha portato avanti logiche di potere non sempre trasparenti e modalità che hanno il sapore del tradimento delle aspettative. Questi decenni avrebbero potuto trasformare una ragione dalla natura “infernale” (clima afoso, venti forti, scarsità d’acqua) in qualcosa di “paradisiaco” ma così non è stato, o almeno non per tutti. Tanti sono i poveri e gli sfruttati, tra cui gli innumerevoli stranieri necessari per l’economia locale, che nemmeno possono tanto lamentarsi dato che una finta apertura democratica legata alle elezioni nasconde la concentrazione quasi totale del potere in mano all’emiro. A pesare nel clima di instabilità è anche un’ambiguità di rapporti con gli altri Stati, che ha visto spesso il Qatar rinchiudersi in una sorta di isolamento dorato (o finto dorato). Se già dai giorni dell’indipendenza aveva segnato la differenza rispetto ai vicini, rifiutando di diventare parte (a differenza degli altri emirati) di Arabia Saudita o Emirati Arabi Uniti, una politica estera di difficile interpretazione li ha portati ad essere tra i principali alleati dell’Iraq di Saddam Hussein salvo poi diventarne acerrimi nemici; ad avere frizioni e dispute territoriali rispetto al Bahrein e all’Arabia Saudita, oltre che a uscire volontariamente dall’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) nel 2019. Nel frattempo, ha subito anche un embargo da parte di molte nazioni arabe per il sostegno a gruppi integralisti islamici (ufficializzato con varie sanzioni nel 2017 e poi ritirato nel 2021). Mentre nei prossimi mesi saremo spettatori dei Mondiali di calcio o, in altri periodi, dei sempre più numerosi eventi sportivi (tennis, ciclismo, motociclismo) in Qatar, potremmo davvero chiederci la sensatezza e la compiutezza di questa Giornata dell’indipendenza. Per gli abitanti di questo emirato, ma non solo, davvero si tratta di non veder sventolare sui propri palazzi una bandiera straniera? La Gaudium et spes nel 1965 riconosceva che all’umanità compete “instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più e meglio serva l’uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la propria dignità” (GS, 9). Ci siamo arrivati? Ci speriamo e lottiamo ancora?

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