Il Fatto di Bruno Fasani
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Qualche chiarimento sulle teorie di un discusso generale

Se anch’io parlo del contestato libro di Roberto Vannacci, non è per portargli un ulteriore contributo pubblicitario...

Parole chiave: Roberto Vannacci (1), Libro (64)

Se anch’io parlo del contestato libro di Roberto Vannacci, non è per portargli un ulteriore contributo pubblicitario. A quello ci hanno già pensato certi scioccherelli, trasformando il suo autore in martire. O, almeno, così la pensano, alcuni giornalisti di sinistra, a cominciare dal direttore de L’Unità, Piero Sansonetti, e Antonio Padellaro, acuto notista de Il Fatto. Le sgangherate opinioni di Vannacci mi rimandano invece a un famoso detto di Lanza Del Vasto, il discepolo prediletto del Mahatma Gandhi, il quale sosteneva che “la peggior menzogna è la verità meno uno”, ossia quando tutto sembra vero e condivisibile, salvo poi scoprire qualcosa, magari un piccolo dettaglio, che finisce per togliere credibilità anche alle migliori intenzioni.

Ma ricapitoliamo un momento per i più distratti. Vannacci, generale a due stelle, qualche tempo fa decide di dare alle stampe il suo pensiero, autofinanziando l’operazione, in un libro dal titolo Il mondo al contrario. Un affare. Nel giro di pochi giorni, il libro schizza in testa alle vendite on line, portandosi a casa una fortuna.

Nel libro, in un misto di populismo, demagogia e qualche pizzico di verità, l’autore mette nero su bianco argomenti che, al massimo, potevano essere gestiti in quel modo da un gruppo di quattro amici al bar. E questo per sostenere che in Italia ci sarebbe “un lavaggio del cervello di chi vorrebbe favorire l’eliminazione di ogni differenza, compresa quella tra etnie, per non chiamarle razze”. Per poi rivendicare “il diritto all’odio e al disprezzo. Perché l’odio è un sentimento, un’emozione che non può essere repressa in un’aula di tribunale”. E ancora: “Chi non ha la pelle bianca non può essere ricondotto alla razza italiana”, e poi, vogliamo parlare della normalità? “Quella è l’eterosessualità. Se tutto vi sembra normale è per colpa delle trame delle lobby gay internazionali”. Per puntualizzare: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione”. Per finire poi con le femministe: “Normalmente c’è una persona che si occupa della cura della famiglia, rinunciando al lavoro a tempo pieno, e una che si occupa del sostegno economico. Nella mia famiglia è stata mia madre a occuparsi della casa”.

Davanti a tanta sapienza, l’indignazione collettiva non si è fatta attendere, tirando in ballo il Governo e papa Benedetto XVI, ispiratori occulti, secondo alcuni, di tanto reazionario ragionare.

A difendere l’immagine dell’Esercito, è intervenuto il ministro della Difesa rimuovendo il generale dagli incarichi, sostenendo che lo scritto non era stato autorizzato. Motivazione debole, perché l’articolo 1472 del Codice di Ordinamento militare sostiene che ogni militare può dire e scrivere ciò che vuole. Meglio sarebbe stato se il ministro avesse ricordato a Vannacci che quando si appartiene ad un corpo, ogni intervento finisce per coinvolgere moralmente tutta la realtà cui si appartiene. Questo vale anche per i preti o per i dipendenti di una azienda. Ve lo immaginate l’amministratore delegato della Fiat che si mette a parlare male delle auto?

Ciò detto, il meno uno delle verità di Vannacci sta in qualche riga apparentemente innocua, là dove si dice che “la natura se ne frega del bene e del male. Principi che regolano la vita delle persone e che appartengono invece alle religioni, ma che non esistono nell’universo”. Tesi care a Nietzche e a Hitler, i quali mentre davano patenti per dire chi era nel giusto e chi no, attribuivano alla libertà di pensiero di decidere come fare e cosa fare degli altri, non riconoscendo principi etici naturali. Non proprio cosa da poco.

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