Il Fatto di Bruno Fasani
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Madre Teresa di Calcutta ci rivela cos’è il Natale

Salendo le scale che portano al primo piano, di Bose Road a Calcutta, si arriva dritti alla cappella dove Madre Teresa, ora beata e tra poco ufficialmente santa, sostava in lunghissime ore di preghiera, prima di iniziare le sue giornate. Il suo posto è lì, vicino alla porta che dà sul corridoio, più o meno a metà del locale, esattamente difronte all’altare sul quale, ancor oggi come in passato, sta il Santissimo esposto per l’adorazione...

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

Salendo le scale che portano al primo piano, di Bose Road a Calcutta, si arriva dritti alla cappella dove Madre Teresa, ora beata e tra poco ufficialmente santa, sostava in lunghissime ore di preghiera, prima di iniziare le sue giornate. Il suo posto è lì, vicino alla porta che dà sul corridoio, più o meno a metà del locale, esattamente difronte all’altare sul quale, ancor oggi come in passato, sta il Santissimo esposto per l’adorazione.
Lì a terra, nel punto in cui sostava in preghiera, con le gambe incrociate come si usa in India, ora c’è una statua in bronzo, che riproduce le fattezze e la posa della religiosa più nota al mondo. Quando entri, ti viene spontaneo sederti vicino, per via di quell’amore che senti arrivare anche soltanto dal suo ricordo. Poi però, a prendere il sopravvento, è il frastuono che entra dalla strada. Un insieme di rumori assordanti che raccontano un inquinamento acustico come in poche altre parti del mondo. E il cristiano fiacco che c’è dentro di te si chiede come sia possibile pregare in un simile contesto. Come sia possibile ascoltare la voce di Dio, quando mille altre voci si impongono arroganti, col loro linguaggio metallico e senza cuore.
Madre Teresa, in quel frastuono senz’anima, pregava, ascoltava, pensava, scriveva, progettava… Per ore, in uno spazio angusto, dove il mondo sembrava ritirarsi per lasciare posto agli innamorati. Ed è il segreto degli innamorati a spiegarci come certe cose possano accadere. Gli innamorati che sorridono, tenendosi per mano, dentro il brulicante vociare di una città, che si sussurrano parole tenere fra lo stridente sferragliare di una carrozza della metropolitana stipata di gente, che si baciano con tenerezza, fermando il mondo intorno a loro, come se tutto il resto fosse accessorio, rispetto all’essenziale dell’amore. È l’amore la risposta al cristiano fiacco, non il sacrificio.
È da Bose Road che Madre Teresa, in cammino come una novella Maria verso i monti della Giudea, muoveva i passi della carità. Alla Casa dei moribondi o a quella dei bambini abbandonati, dei malati di Aids o alla Casa dei lebbrosi… Dalla mistica dell’amore alla prosa dell’abiezione umana. Ma è lì che ho capito il Natale, la potenza della sua misericordia. L’annientamento di Dio, che esce dagli spazi dell’amore per entrare in quelli della miseria. Mi diceva in questi giorni un noto poeta credente: sto scrivendo alcuni testi sull’imbastardimento di Dio. Le parole hanno a volte colori forti, ma ci aiutano ad uscire dagli stereotipi cui ci ha abituato certo linguaggio. E nulla è più nemico del Natale del sapore dolciastro con cui viene raccontato.
Dio si imbastardisce perché entra nelle piaghe dell’umanità, come una madre che pulisce la sua creatura, senza avvertire la stomachevole situazione da cui la libera. Dio si imbastardisce perché viene e si confonde con la variegata zoologia dei suoi figli, che spesso dimenticano d’essere uomini. Qui sta l’essenza del Natale. Non lo dimentichi mai il cristiano fiacco che ci portiamo dentro, quello che più facilmente pratica una religione, ma molto più difficilmente pratica la fede e l’ascolto. Non lo dimentichi chi vive di verità, quella minuscola delle regole morali, chiuso dentro la propria “bottega di restauro”, per dirla con papa Francesco, più attento ai lemmi della legge, che alla gente che passa sulla via. Non lo dimentichi chi stropiccia Dio nei merletti di leziose liturgie estetiche, odorose di fiori e di bucato, ignorando i cassonetti della vita dove le creature vivono come spazzatura. A Natale Dio si imbastardisce. Ancor oggi e per sempre. Nel nome di una misericordia che non ha misura.

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