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Tempus fugit? Carpe diem!

L'inverno e il freddo fanno emergere le contraddizioni dell’intera nostra società, con centinaia di senzatetto che ogni notte lottano per vedere una nuova alba – come vi raccontiamo in questo numero –, ma pure quelle della nostra singola persona...

Parole chiave: Editoriale (381), Luca Passarini (79), Tempus fugit? Carpe diem! (1)
Tempus fugit? Carpe diem!

L'inverno e il freddo fanno emergere le contraddizioni dell’intera nostra società, con centinaia di senzatetto che ogni notte lottano per vedere una nuova alba – come vi raccontiamo in questo numero –, ma pure quelle della nostra singola persona. Lo sapeva bene Karl Rahner (1904-1984) che, in una sua meditazione dell’Avvento 1948 diceva che “quando comincia a farsi inverno, il mondo diviene più calmo”, ognuno si ritira nel suo privato anche perché “tutto si fa incolore e scialbo” ed è come se “il mondo avesse perso la voce e smarrito il coraggio di affermare se stesso, di vantarsi convinto di sé e della sua vita e potenza”.

Ogni anno, in questa stagione, inesorabilmente svaniscono le speranze di una Finanziaria che vada bene a tutti, di scelte condivise e incisive (vedi la Cop28) e ci viene da pensare alla nostra fine: chissà se è un caso che in questi giorni Papa e Vaticano parlino di sepolture.

Proprio lo stesso Rahner, in una meditazione successiva del 1973, esattamente cinquant’anni fa, faceva notare come l’inverno (e l’Avvento ad esso giustamente legato) sia un tempo di grazia, perché in maniera naturale smaschera un dissidio profondo dentro di noi, ovvero il nostro barcamenarci tra un duplice tentativo: quello “di trattenere l’attimo fuggente come pure di tirare più velocemente a noi l’attimo successivo”. Disillusi da ciò, possiamo così riscoprire che il segreto dell’esistenza consiste invece nel riconoscere come tutto sia provvisorio – da prendere e lasciare con la stessa semplicità – e ci rimandi alla speranza eterna. Questo, altresì, non ci dovrebbe aprire alla rassegnazione, ma al dare valore ad ogni attimo, con una perseveranza eroica che sfonda il “grigiore della monotonia quotidiana”.

Secondo il teologo tedesco, a dare alla nostra vita il calore e la fecondità tipiche della primavera, non sono le condizioni esterne, ma il nostro atteggiamento e in particolare “l’accoglienza volenterosa del compito quotidiano apparentemente piccolo, che ogni ora esige; il coraggio silenzioso necessario per ogni momento, anche se vediamo qualcosa di più grande che ci viene negato; la prontezza generosa a riconoscere quanto è nobile negli altri, anche se ciò offusca il nostro splendore”.

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