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I “sì, no, forse” di un voto

“Sì. No. Forse”. Questo è emerso dal voto del Consiglio regionale veneto sulla proposta di legge d’iniziativa popolare sulla regolamentazione del ricorso al suicidio assistito...

Parole chiave: Luca Passarini (79), Editoriale (381)
I “sì, no, forse” di un voto

“Sì. No. Forse”. Questo è emerso dal voto del Consiglio regionale veneto sulla proposta di legge d’iniziativa popolare sulla regolamentazione del ricorso al suicidio assistito.
“Sì” per la maggioranza relativa (25), trasversale, voce – così sostengono – della stragrande maggioranza dei veneti (alcuni di loro dicono l’80%); di certo ben consapevoli che si trattava di un voto “simbolico” su un ambito che, affermano esperti bipartisan, non compete alla Regione.
“No” per la maggioranza assoluta, ovvero sommando i 22 contrari, 3 astenuti, un assente, si arriva a 26: anche qui voti trasversali e con motivazioni diverse.
“Forse”, nel senso che non si è trattato di una vera e proprio bocciatura, ma di un rinvio in Commissione, e soprattutto perché della questione si tornerà sicuramente a parlare in un futuro, probabilmente anche breve.
La politica ha espresso il suo volto più nobile: interventi di livello alto, testimonianza di storie personali e indicazione dei propri riferimenti religiosi, etici, ideali; spazio a punti di vista diversi con rispetto gli uni degli altri; eletti di vari partiti che hanno votato (o non votato) non “perché hanno deciso i capi”, ma secondo la loro coscienza e la loro ragione; confronto su quali siano i veri diritti delle persone e della collettività. Un momento da cui ripartire – anche al di là del risultato – per ridare credibilità e ridire la bellezza, oltre che l’importanza, di quella che Paolo VI chiamava “la forma più alta di carità”; da cui i cattolici non si possono ritirare e in cui hanno da portare, per il bene di tutti e non solo di una parte, il loro punto di vista (oltre che i voti).
Non altrettanto hanno fatto alcuni opinionisti pubblici, vari giornalisti (purtroppo, per la credibilità della nostra professione), utenti dei diversi social che si sono scatenati nel cercare il colpevole dell’affossamento, i motivi di un arretramento culturale del Veneto che in un solo colpo di spugna sarebbe stato rovesciato.
Purtroppo, su questa e su diverse questioni, rischiamo di diventare semplicemente dei tifosi: è bello esserlo di una squadra sportiva, ma non lo si può essere nelle questioni politiche e sociali, rispetto alle quali non si possono mettere a tacere la mente, la coscienza, il cuore, la relazionalità e tutto il resto della nostra umanità.

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