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Emozionati o emotivi?

Uno dei tratti distintivi dell’uomo è la capacità di provare emozioni. Già l’etimologia latina della parola indica un movimento verso l’esterno...

Parole chiave: Editoriale (383), Stefano Origano (141)

Uno dei tratti distintivi dell’uomo è la capacità di provare emozioni. Già l’etimologia latina della parola indica un movimento verso l’esterno, una sorta di agitazione che spinge a stabilire un nesso fra l’universo interiore e il mondo. Questo motore potentissimo può generare slanci di autentico genio e creatività, oppure veri e propri mostri di dissimulazione che non conoscono compassione, partecipazione e libertà. Non per niente l’appellativo “emotivo” spesso viene inteso come mancanza di razionalità e di equilibrio. Se l’emozione passa dalla testa alla pancia, diviene forza incontrollabile, istinto animalesco, quando nella sua natura originaria è proprio ciò che ci distingue dal resto del regno animale.
La traduzione simbolica e comunicativa degli elementi emotivi è un complesso e delicato meccanismo che ha due direzioni, una in entrata e una in uscita. Se nella seconda è soprattutto il soggetto ad agire, nella prima intervengono svariati fattori esterni che condizionano il nostro sentire. Su questo lavora chi fa pubblicità, chi conduce una campagna elettorale o magari una militare, chi ha interesse ad orientare i nostri gusti e le nostre scelte. Non è un caso se mediaticamente fa più presa uno slogan o un’immagine rispetto ad un’articolata argomentazione scientifica. È una sorta di scorciatoia, ma potenzialmente anche una “bugia” (che ha le gambe corte). Forse è anche per questo che l’opinione pubblica, la politica, l’amministrazione passano incessantemente da una emergenza all’altra, inseguendo gli eventi e perdendo la visione a lungo termine. Guardando poco più in là del nostro naso, corriamo incessantemente a tappare buchi entrando in un loop senza fine che toglie risorse per raggiungere le mete a lungo termine – ad esempio come rendere praticabile la transizione energetica.
Siamo chiamati a gettare lo sguardo oltre, impiegando le risorse potenti della spinta emotiva, ma applicando anche le regole scientifiche che ci fornisce la ragione e, soprattutto, in questo frangente, a non cadere nella logica da teatrino che mette sullo stesso piano scienziati e negazionisti dando l’illusione che metà dica una cosa e l’altra metà l’esatto contrario, quando invece il rapporto è di uno a cento o forse anche di uno a mille.

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