Condiscepoli di Agostino
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Commento al Salmo 48

Agostino invita a non lamentarsi con Dio perché agli empi le cose vanno meglio che ai buoni, e a trasportare in cielo le ricchezze...

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (312), Vescovo di Verona (245), Salmi (7), Sant'Agostino (176)

Agostino invita a non lamentarsi con Dio perché agli empi le cose vanno meglio che ai buoni, e a trasportare in cielo le ricchezze: “Siamo soliti sentire uomini che mormorano contro Dio, poiché ai cattivi tocca del bene in questa vita, mentre i buoni sono sottoposti alle fatiche; come se Egli fosse perverso e non sappia che cosa fa, o distoglie assolutamente gli occhi dalle faccende umane; o non vuole turbare la sua tranquillità, così da non interessarsene, perché Dio vede o corregge queste cose con fatica. Mormorano pertanto gli uomini che vogliono onorare Dio, perché sia loro propizio, quando invece vedono che coloro i quali non venerano Dio sono potenti e prosperano nella felicità terrena, mentre coloro che venerano Dio sono affaticati nelle angustie, nelle necessità, nelle preoccupazioni e in tutte le difficoltà della mortalità umana… Intendi ricchi i superbi, poveri gli umili. Abbia pure sovrabbondanza di denaro, se non vi si esalta, è povero; non abbia qualche cosa e lo brami e ci si guazzi, Dio lo reputa tra i ricchi e reprobi… Non confidiamo nella nostra virtù; non gloriamoci nell’abbondanza delle nostre ricchezze; ma gloriamoci in Colui che ha promesso a noi altezza, se saremo umili… Dio non ha voluto che tu perda le tue ricchezze, ma ti ha dato un consiglio perché muti loro il luogo (della custodia)... Ascolta Cristo che ti ammonisce di levare dalla terra il tesoro per portarlo in cielo, dove non ciò che conservi ti sarà restituito, ma dove conservi la terra e ricevi il cielo, conservi cose mortali e riceverai cose eterne! Sii usuraio di Cristo! Riceva Lui piccole cose in terra, affinché ti renda molte cose in cielo… Credi che lui solo (il ricco) viva? Viva pure, ma la sua stessa vita finisce; poiché non dà il prezzo del riscatto della sua vita, finirà la sua vita, mentre non finirà il tormento. ‘Sarà travagliato in eterno e vivrà fino alla fine’. In che modo vivrà fino alla fine? Al modo con cui viveva colui che indossava porpora e bisso, e banchettava splendidamente ogni giorno e, superbo e tronfio, disprezzava colui che giaceva davanti alla porta pieno di ulcere, e i cani leccavano le sue ulcere. Che cosa gli hanno giovato quelle ricchezze? Ambedue mutarono la sorte: quello dalla porta del ricco è stato trasportato nel seno di Abramo; quello dagli splendidi banchetti è stato mandato nel fuoco… Sii pertanto prudente, imita la formica, come dice la Scrittura: raccoglie d’estate per non aver fame in inverno… Raccogli ciò che tu potrai avere nel futuro… Ma, si dice, è morto quel ricco, e gli è stato fatto un tale funerale. Ecco a che cosa prestano attenzione gli uomini. Non stanno ad osservare quale malvagia vita ha condotto mentre viveva, ma quale pompa alla sua morte. O felice colui che tanti piangono! Costui invero è vissuto in modo tale che pochi lo piangono. Tutti, infatti, dovrebbero piangere uno che è vissuto così male. Ma il suo funerale è pomposo, viene accolto da un sepolcro prezioso, è avvolto in preziose vesti, viene sepolto con unguenti e aromi. Di conseguenza, quale segno di ricordo ha? Ricco di marmi. Vive in quella condizione la sua memoria? Lì egli è morto… State attenti, fratelli, ‘E lasceranno ad altri le loro ricchezze’… Perciò felici coloro che lasciano nel loro possesso i figli, che gli succedono. Ha avuto dei figli. Non è morto. Che cosa sono i suoi figli? Anch’essi conservano ciò che i genitori hanno lasciato loro. È troppo poco dire che conservano. Lo aumentano pure. E per chi essi conservano? Per i loro figli e quelli, a loro volta, per i loro figli. Che cosa conservano a Cristo?”.

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