Condiscepoli di Agostino

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Zenti mons. Giuseppe

Prima di riprendere la narrazione delle avventure che lo avrebbero visto protagonista ancora una volta a Cartagine, Agostino sosta in riflessione, da Vescovo, per dare ragione alla certezza che portava in cuore, del fatto cioè che, nonostante il suo traviamento morale e religioso, Dio, nel suo Verbo fatto carne, mai lo aveva abbandonato: “La nostra stessa Vita (il Figlio di Dio) discese quaggiù e ha preso su di sé la nostra morte e l’ha uccisa attingendo le risorse dall’abbondanza della sua vita...

A Cartagine Agostino vive una duplice crisi: quella morale, dominato come era dalla smania di libidine, e quella religiosa, ormai preda della setta manichea. Dopo la morte di Patrizio, a soli 42 anni, convertito e battezzato grazie alla moglie Monica, Monica appunto raggiunge il figlio Agostino a Cartagine, travagliato da quella duplice crisi...

Ai tempi di Agostino, e anche prima, Cartagine era una città cosmopolita. Vi confluivano da ogni parte, per ragioni culturali e commerciali. Agostino vi si recò diciottenne per apprendere l’arte della retorica, oggi diremmo giurisprudenza.

Dopo aver portato a termine gli studi che oggi diremmo della scuola secondaria di secondo grado, a diciassette anni, grazie ad uno sponsor, il ricco Romaniano che aveva intravisto nel giovane ottime qualità culturali, Agostino lascia la sua terra per avventurarsi nella lontana Cartagine.

A distanza di quasi trent’anni dai fatti narrati e dalle esperienze vissute, Agostino confessa a Dio lo scatenamento delle sue passioni durante l’adolescenza. In particolare l’incontenibile smania del piacere, che definisce libidine sessuale. Ricorda le vane esortazioni di sua madre Monica ad essere pudico e le sue avventure con il suo “branco” che lo costringeva a farsi bullo con loro fino a raccontare fatti inventati pur di non sfigurare...

Ormai sulle soglie dell’adolescenza che sussegue la fanciullezza, vissuta da ragazzo vivace, Agostino riconosce la preziosità della sua vita, che considera dono di Dio, con tutte le sue prerogative, belle e piacevoli: “Al nostro Dio rendo grazie... anche se tu avessi voluto la mia esistenza limitata alla mia fanciullezza... e negli stessi piccoli pensieri persino delle piccole cose mi dilettavo della verità. Non volevo essere ingannato; ero dotato di una memoria vigorosa; apprendevo l’arte della parola; mi sentivo accarezzato dall’amicizia; rifuggivo il dolore, l’abiezione, l’ignoranza. Ma tutte queste cose sono doni del mio Dio”...

Si sa che la fanciullezza coincide con l’età scolare. E anche Agostino ha avuto la fortuna di poter frequentare la scuola, con l’obiettivo di imparare lettere, praticamente imparare a leggere e a scrivere. Agostino non esita a confessarsi in pubblico, oltre che davanti a Dio...

Nella narrazione della sua biografia indirizzata a lodare Dio misericordioso non inizia dall’età della ragione o da quando può ricostruirla con i suoi personali ricordi. Preferisce riportare anche eventi e situazioni a lui riferiti da persone che l’hanno conosciuto, o da esperienze successive analoghe da lui sperimentate...

Se c’è un libro di carattere autobiografico noto, per così dire, in tutto il mondo culturale sono proprio Le Confessioni di Sant’Agostino. Mentre confida a Dio il travaglio del suo cammino al fine di lasciarsi conquistare da Lui, emerge in lui una singolare capacità di scandagliare le profondità abissali del suo essere umano...

Tutte le riflessioni sul discernimento spirituale portano all’ascolto di Dio in tutti i momenti: “Il discernimento è necessario non solo in momenti straordinari, o quando bisogna risolvere problemi gravi, oppure quando si deve prendere una decisione cruciale.