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Mette su “Cantieri di strada” per incontrare i nostri giovani

Don Enrico Danese e l’ambizioso progetto “E ti vengo a cercare”, un’iniziativa nata con il Centro diocesano di pastorale adolescenti e giovani per arricchire l’esperienza pastorale a 360 gradi

Parole chiave: Enrico Danese (1), "E ti vengo a cercare" (1), Uniti nel dono (4)
Mette su “Cantieri di strada” per incontrare i nostri giovani

È una ricerca di senso, un tentativo di entrare in contatto, tessere relazioni, guadagnare fiducia. Un tentativo di raggiungere gli adolescenti con un messaggio di speranza, un invito a rialzarsi, a riprendere in mano la propria vita. E per farlo, per incontrarli, occorre andare là dove questi ragazzi sono, sulla strada, al parco, al bar... Bisogna uscire, insomma, dai contesti educativi classici per andar loro incontro, sovvertendo le consuetudini educative e pedagogiche tradizionali per ripartire da un legame personale.

È quanto prova a fare quotidianamente don Enrico Danese (nella foto), che della pastorale e dell’educativa “di strada” ha fatto la sua missione. L’ultimo fronte su cui don Enrico si è impegnato è “E ti vengo a cercare”, un’iniziativa nata con il Centro diocesano di pastorale adolescenti e giovani per arricchire l’esperienza pastorale a 360 gradi, attraverso un progetto ambizioso di “Chiesa in uscita”, per dirla con papa Francesco. L’intento è di formare nuovi educatori pronti a realizzare dei “Cantieri di strada”, ossia interventi al di fuori dei “contenitori educativi”, come scuola, parrocchia, famiglia, sport, che si pongono in rapporto con le aggregazioni adolescenti di strada, compagnie, gruppi, baby-gang, soprattutto quelle che presentano indicatori di rischio e di disagio, per accompagnarle verso percorsi positivi.
«Dopo due mesi di formazione con gli educatori – racconta don Enrico – stiamo partorendo i primi gruppi di lavoro. Sento entusiasmo e grande attesa nonostante le difficoltà che questo approccio comporta». Gli incontri di preparazione, che hanno coinvolto una trentina di educatori, sono stati prima di tutto un percorso di conoscenza di sé, lavorando sulla compassione, sul tipo di relazione di aiuto da intavolare, sul sospendere il proprio giudizio per accogliere il ragazzo in difficoltà. «L’educatore di strada propone una relazione di prossimità caratterizzata da legami deboli tra operatore e adolescente, dovuti alla scelta di mettersi a disposizione per “prendersi cura”, ma senza imporre il cambiamento come conditio sine qua non. Il rapporto viene giocato nel tentativo di stabilire un grado di significato nella relazione e nello scambio comunicativo. La qualità della relazione personale è il perno attorno al quale costruire percorsi di senso che non partono da percorsi prestabiliti, ma vengono costruiti insieme tramite l’ascolto della storia di ciascuno e la promozione delle risorse personali. È una modalità molto delicata e sperimentale».
Terminato il corso, dunque, ogni educatore darà vita autonomamente ad un intervento sul territorio, i “Cantieri di strada” appunto, mantenendo supporto e contatto con don Enrico e la sua equipe. «È un progetto nuovo anche per me – ammette lo stesso sacerdote –, perché ho fatto esperienze di missione, di evangelizzazione di strada in piazza e in stazioni, ma il più delle volte rimaneva un incontro singolare e che lì finiva». Lo spunto per “E ti vengo a cercare” è arrivato invece da un convegno sul disagio e la devianza giovanile. «Mi sono interrogato: forse come adulti dobbiamo porci in ascolto di questi ragazzi, ne parliamo in lungo e in largo, ma non ci fermiamo a parlare con loro».
Una considerazione nata anche dall’esperienza dell’evangelizzazione di strada di “Non è più notte”, quando assieme ai volontari don Enrico incontra i giovani nei sabati sera cittadini per invitarli a fare un’esperienza di preghiera.
«Guardando ai fatti di cronaca – sottolinea Danese – è evidente come la realtà degli adolescenti e pre-adolescenti sia cambiata velocemente a Verona, ma non solo, in particolare dopo l’esperienza delle chiusure per il Covid. Sembra si sia creata più distanza e incomunicabilità tra il mondo degli adulti e gli adolescenti. A questo possiamo aggiungere la difficoltà dei “contenitori educativi” scolastici, parrocchiali, famigliari e sportivi». Ecco perché l’opera di sacerdoti come don Enrico assume un valore particolare.

Il suo è il volto di quella Chiesa che “ti viene a cercare”, il volto del Pastore disposto a lasciare le 99 pecore per mettersi alla ricerca di quella che si era smarrita, pronto a gioire quando la ritrova. Proprio per questo è importante il sostegno di tutti, per dare nuova linfa all’opera di chi incontra giovani e meno giovani nelle nostre periferie urbane ed esistenziali, per mettersi in ascolto di vite e storie che troppo spesso arrivano ai nostri occhi solo quando si trasformano in fatti di cronaca. Eppure, come ci ricorda don Enrico, «da cristiani sappiamo che capita nella vita di commettere errori, di perdersi lungo la strada; ma sappiamo anche che quello che conta non è la perdita, ma la gioia di ritrovarsi».

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