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Intercettare i ragazzi nelle strade per offrire percorsi positivi

di ANDREA ACCORDINI
L’iniziativa “E ti vengo a cercare” del Centro di pastorale adolescenti e giovani

Una nuova sfida, pastorale e umana per la Chiesa di Verona. Un nuovo progetto che ha come target proprio adolescenti e pre adolescenti al di fuori dei normali circuiti della scuola, della parrocchia, dell’oratorio. Si chiama “E ti vengo a cercare” ed è un nuovo programma di educativa di strada, promosso dal Centro di pastorale adolescenti e giovani (Cpag), che partirà dopo l’estate. Un’iniziativa che nasce come risposta alle numerose difficoltà che affliggono il mondo giovanile, ma che mira ad arricchire l’esperienza pastorale a 360 gradi, con un progetto ambizioso di «Chiesa in uscita», per dirla con papa Francesco.
«E ti vengo a cercare è il titolo di una canzone di Franco Battiato – racconta don Enrico Danese, referente del progetto per il Cpag –: è un testo che canta l’amore, l’amicizia, la passione e il desiderio della ricerca e dell’incontro con l’altra persona. È un testo da innamorati, così come tutto il capitolo 15 del Vangelo di Luca in cui si cantano la passione della ricerca e la gioia del ritrovamento di una pecora, di una moneta e di un figlio perduto. Può capitare nella vita di perdersi, smarrire la strada, il senso… ma il Vangelo ci aiuta a comprendere che c’è grande gioia nell’essere ritrovati da qualcuno che ti stima e ti ama incondizionatamente. Dal titolo della canzone è nato questo progetto della Diocesi di Verona che, insieme all’evangelizzazione di strada, sarà un ramo operativo del Cpag».
– Don Enrico, ma di preciso cosa si intende quando si parla di “educativa di strada”?
«L’educativa di strada si pone come un intervento che supera la logica dei “contenitori educativi”, come scuola, parrocchia, famiglia, sport, e come unici luoghi competenti dell’educazione dei minori. È un intervento che si pone in rapporto con le aggregazioni adolescenti di strada, compagnie, gruppi, baby-gang, soprattutto quelle che presentano indicatori di rischio e di disagio, per accompagnarle verso percorsi positivi. È evidente che questo tipo di educativa si svolge in strada, nei luoghi di aggregazione informale abitati da questi ragazzi/e come i parchi, le vie, le piazze. La funzione educativa degli operatori non risponde ad alcun patto esplicito con gli adolescenti, come invece avviene negli altri servizi educativi istituzionali, né si basa su un accordo preliminare. Al contrario, si costruisce, in itinere, attraverso l’utilizzo di un bagaglio, ampio e articolato, di competenze relazionali, pro-sociali, metodologiche e teorico-pratiche. È fondamentale, per chi opera “sul campo” (in un contesto lavorativo informale, destrutturato e non protetto come la strada) l’adozione di un approccio che includa la sospensione del giudizio tramite un ascolto empatico, l’autenticità e la considerazione positiva dell’altro. La capacità di privarsi intenzionalmente di un ruolo educativo rigido e legittimato è uno dei pilastri su cui poggia la metodologia operativa del lavoro di strada».
– Come opera, quindi, l’educatore di strada?
«L’educatore di strada propone una relazione di prossimità caratterizzata da legami deboli tra operatore e adolescente, dovuti alla scelta di mettersi a disposizione per “prendersi cura”, ma senza imporre il cambiamento come conditio sine qua non. Il rapporto viene giocato nel tentativo di stabilire un grado di significato nella relazione e nello scambio comunicativo. La qualità della relazione personale è il perno attorno al quale costruire percorsi di senso che non partono da percorsi prestabiliti, ma vengono costruiti insieme tramite l’ascolto della storia di ciascuno e la promozione delle risorse personali».
– E questo lavoro di promozione personale come si articola?
«Un corretto lavoro di educativa di strada deve necessariamente essere svolto in rete con i soggetti del territorio impegnati in attività a carattere sociale ed educativo e promuovendo più in generale l’empowerment della comunità locale. L’educatore di strada lavora in rete con il servizio pubblico, per educare al rispetto delle regole e degli organismi della vita sociale. Egli lavora per trovare reti per la soluzione dell’emergenza e per l’attivazione di proposte, alternative alla cultura del crimine».
– Perché questa iniziativa a Verona?
«È evidente, anche dalle notizie dei giornali, di come la realtà degli adolescenti e pre-adolescenti sia cambiata velocemente a Verona (ma non solo), in particolare dopo l’esperienza delle chiusure per il Covid. Sembra si sia creata più distanza e incomunicabilità tra il mondo degli adulti e gli adolescenti. A questo possiamo aggiungere la difficoltà dei “contenitori educativi” scolastici, parrocchiali, famigliari e sportivi. Con questa proposta vogliamo tentare di incontrare pre-adolescenti e adolescenti nei loro luoghi aggregativi informali per provare ad offrire una relazione educativa “altra”, che si costruisce sulla strada».
– Chi e come potrà partecipare? «“E ti vengo a cercare” è rivolta a tutti gli educatori coinvolti in ambito sociale, comunitario, scolastico, religioso, sportivo che desiderano sperimentarsi in questa iniziativa nuova e impegnativa. Stiamo ultimando un percorso formativo che partirà il 30 settembre. Dopo il corso partiranno dei “Cantieri di strada”. Entro i primi di settembre lanceremo ufficialmente il progetto e potremo essere più precisi». 

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