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Virtus Borgo Venezia: più di un club

Dietro la storica promozione in Serie C della Virtus Vecomp Verona c'è un'imprescindibile figura di riferimento: quella di Gigi Fresco, da 36 anni presidente del sodalizio di Borgo Venezia. Lo abbiamo incontrato e ci ha rivelato che dietro questo successo...

Virtus Borgo Venezia: più di un club

Sono ormai passati oltre due mesi dalla storica promozione della Virtus Borgo Venezia in Serie C. Una cavalcata incredibile, quella della compagine rossoblù, che rimarrà, comunque vadano le cose, nella memoria di tutti gli sportivi veronesi. I quali hanno seguito le vicende di Danti e compagni con affetto, come spesso accade ai tifosi veronesi, che l’anno prossimo potranno interessarsi alle vicende del Chievo in Serie A, dell’Hellas in Serie B e ora anche della Virtus in Serie C. E fra i protagonisti ci sarà ancora una volta lui, mister Luigi Fresco, per tutti Gigi. Il grande artefice della promozione ancora oggi si emoziona a pensare a quei momenti.

– Fresco, ormai passato un po’ di tempo dalla matematica promozione. Cosa prova oggi?

«Quell’emozione credo che non passerà mai. Ogni volta che ci penso mi viene la pelle d’oca. È stato realizzato qualcosa di importante con ragazzi bravi, dentro e fuori dal campo. Siamo cresciuti tutti insieme e questa credo che sia la cosa più importante».

– All’inizio dell’anno pensava di poter cogliere questa impresa?

«La verità è che puntavo a qualificarmi per i play off, per poi magari fare domanda di ripescaggio. Per due anni di fila siamo arrivati a un pelo dal ripescaggio e quest’anno ci speravo. Invece è andato tutto in maniera diversa, a dir poco inaspettata».

– Qual è stato il momento della svolta?

«Dopo una partita persa in casa malamente abbiamo fatto un viaggio di qualche giorno tutti insieme, prima a Praga e poi al campo di concentramento di Dacau, in Germania, vicino Monaco di Baviera. Quando siamo tornati, abbiamo infilato una striscia di sette vittorie consecutive, subendo in quel lasso di tempo un solo gol, vincendo spesso con reti realizzate a fine partita. Siamo diventati tosti e determinati e siamo riusciti a fare quel break che ci ha permesso di diventare consapevoli dei nostri mezzi».

– E quando ha pensato “è fatta”?

«Il segnale è arrivato quando, a tre giornate dalla fine, abbiamo vinto a Belluno. Eravamo avanti di due punti e ci sarebbe bastato anche il pareggio. Invece siamo riusciti a vincere, mentre i nostri avversari diretti per la promozione hanno perso in casa contro un avversario morbido. A quel punto siamo scappati a cinque punti e con solo due partite da giocare ormai era fatta. La vittoria successiva davanti al nostro pubblico ci ha permesso di ottenere una promozione credo davvero meritata».

– Qual è stata secondo lei la chiave di questo risultato a dir poco eccezionale?

«L’unità del gruppo. Credo che il nostro sia un gruppo meraviglioso di ragazzi che sono uniti anche fuori dal campo. E anche i nostri viaggi ne sono una prova. Da trent’anni a questa parte, ogni anno, regalo ai miei giocatori un viaggio a fine stagione. Di solito era considerato un premio-salvezza, ma quest’anno si è trasformato in un premio-promozione».

– Cosa si prova ad essere la terza squadra di Verona?

«Noi eravamo già la terza squadra di Verona, ma è sicuramente diverso essere la terza realtà in Serie D ed esserlo in Serie C. Un tempo eravamo in quinta categoria. Adesso, complice anche la retrocessione del Verona, che ovviamente dispiace a tutti, siamo molto più vicini. Proviamo grande orgoglio».

– Qual è il motivo di questa singolarità tutta veronese, secondo lei?

«Mah, credo che ci sia soprattutto tanta laboriosità. Si riesce a fare molto con risorse limitate e questo grazie alla caparbietà e alla capacità imprenditoriale delle persone».

– In che modo state affrontando questo nuovo impegno?

«Con molta serenità. Si tratta, in fondo, di una novità un po’ per tutti. La verità è che ci saranno tante squadre che non riusciranno ad iscriversi. Anche quest’anno, che inizialmente sembrava più tranquillo di quelli del passato, pare ne debbano sparire altre sette o otto».

– Cosa la spaventa di più della categoria?

«L’impegno burocratico. Quello sì che è davvero spaventoso».

– Come state modificando lo stadio Gavagnin per affrontare la stagione?

«Abbiamo dovuto adeguare le vie di fuga degli spalti, le vie di fuga dai bagni, dai bar, inserire gruppi elettrogeni dappertutto. In questo senso è un impegno quasi da non credere. Se uno me lo raccontasse, ammetto, non ci crederei».

– Alcuni anni fa avete affrontato la Seconda divisione di Lega Pro, ma alla fine della stagione la Virtus retrocedette. Rispetto ad allora in cosa siete cambiati?

«Sono quattro anni che il mio obiettivo era quello di tornare nel professionismo. Abbiamo sempre cercato di migliorarci, magari copiando le caratteristiche positive degli altri. Abbiamo una struttura societaria un po’ alla Ferguson, piramidale. Ecco, se c’è una cosa che mi preme è che prima dell’aspetto tecnico devi formare quello dello staff societario. La Virtus è prima di tutto un club».

– La società, dunque, è pronta?

«Sì, siamo pronti. Anzi, secondo me la società è più pronta di altre che già giocano in questa categoria da anni. In questo senso direi che siamo più o meno a metà classifica».

– La squadra, invece, di cosa ha bisogno?

«Direi che siamo a posto. Ci manca forse un difensore centrale. Per il resto abbiamo allestito una squadra competitiva».

– Lei è presidente da 36 anni. Ed è anche allenatore. C’è chi dice che è il padre-padrone della Virtus…

«Non sono un padre-padrone. Si, è vero che sono presidente da 36 anni, ma stiamo crescendo tutti insieme. Ci sono elementi che sono con me da quando ho iniziato la mia presidenza, come il direttore generale Diego Campedelli. Ho un gruppo ristretto di collaboratori, ma questo è il nucleo che ha fatto il grande lavoro che ha portato al risultato finale».

– Lo spirito della Virtus lo si vede anche sugli spalti. La vostra è davvero una tifoseria speciale, con tantissimi ragazzi di colore che vengono a sostenervi con il loro carico di ritmi, danze, canti, balli. È uno spettacolo nello spettacolo…

«È proprio come sarà la società italiana in futuro. È già così in Francia, Inghilterra e un giorno sarà così anche da noi. Anche a chi oggi è perplesso di fronte a questa cosa voglio dire che è inevitabile. Condivido anch’io che noi abbiamo una storia e una cultura che vanno preservate. Dobbiamo difenderci contro eventuali fondamentalismi. Accogliamo tutti con grande rispetto e tolleranza, ma ci deve essere rispetto per la nostra cultura e le nostre tradizioni. Questo è ovviamente imprescindibile».

– Su Gigi Fresco si sprecano aneddoti e leggende. Il primo vuole che lei sia un aggregatore di energie anche perché aiuta tanti ragazzi, spesso stranieri, ad uscire da situazioni complicate.

«Diciamo che noi sosteniamo molti progetti con cui aiutiamo le famiglie provenienti dalla Bosnia-Herzegovina. In verità con gli stranieri c’è spesso bisogno di aiuti più semplici. Abbiamo aiutato, però, anche molti ragazzi italiani. Per anni abbiamo partecipato al Villaggio giovanile, dove c’erano ragazzi italiani».

– L’attività politica è ormai alle spalle. Ma il patron della Virtus è qualcosa di più, per tutto il borgo, di un semplice presidente e allenatore di una squadra di calcio. Se ne rende conto?

«Più che altro è la Virtus in generale ad essere un punto di riferimento per tante persone. La politica è stata per me una bella parentesi, che ho terminato tempo fa. Ho collaborato anche come opposizione. Ora però mi piace dedicarmi ad altro».

– Con il sindaco Sboarina, che ha da poco festeggiato un anno a Palazzo Barbieri, i rapporti come sono?

«Al momento è impressionato dalla mole di lavoro che gli è caduta addosso e credo sia ancora molto preso dal far funzionare questa macchina. Nonostante questo ci è vicino: quando dovevamo risolvere un problema per utilizzare un campo provvisorio, lui si è interessato direttamente. Per lui in ogni caso, ci è sempre stato molto vicino l’assessore allo Sport, Filippo Rando. Con l’occasione ringrazio anche la Prefettura di Verona e il viceprefetto vicario Sidoti che si sono interessati a quella vicenda. Un vero e proprio lavoro di squadra».

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