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Gianna, la santità di una donna che diede la vita per una vita

di ADRIANA VALLISARI
Il racconto del figlio Pierluigi, la scelta di sacrificarsi a causa di un parto difficile

 

Gianna, la santità di una donna che diede la vita per una vita

di ADRIANA VALLISARI
Nelle foto più famose di Gianna Beretta Molla (1922-1962), la giovane madre proclamata santa nel 2004 da papa Giovanni Paolo II, lui è il bambino riccioluto e vivace che viene tenuto stretto in braccio. Aveva solo 5 anni e mezzo Pierluigi Molla quando la sua mamma morì, sacrificandosi pur di far vivere la sua ultima figlia, Gianna Emanuela.
Com’è essere figlio di una santa? «Mi viene chiesto spesso: è senz’altro un’esperienza di vita unica, però non aver vissuto con vicino la mamma è una cosa che ti porti dietro tutta la vita. Ma il ricordo di quelle giornate straordinarie in piazza San Pietro, quando io, le mie sorelle e il nostro papà abbiamo avuto il privilegio di vedere la mamma portata agli altari e proclamata santa, ci ripaga un po’ di questa mancanza. Poterla festeggiare il giorno dei Santi compensa il non averla avuta con noi per il resto della vita». Il primogenito della Santa ha portato la sua testimonianza nella chiesa parrocchiale di Caldiero, invitato dal Centro aiuto vita “Giulia”, che festeggia i 25 anni di attività e che proprio su Gianna Beretta Molla – medico pediatra, sposa e mamma – ha allestito una mostra visitabile fino al 2 febbraio nella casa parrocchiale Giovanni Paolo II.
«Io sono quello che ha goduto di più della sua compagnia – ha detto alle numerose persone venute ad ascoltarlo –. Non so come mai, ma in tutti gli episodi che sono riaffiorati alla mente negli anni, come dei flash della memoria, sono sempre e solo con lei: non ho ricordi di mia mamma con le mie sorelle». Qualche esempio? «Fu lei, grande amante della montagna, a mettermi sugli sci e a insegnarmi a stare sulla neve – ha ricordato –. Era affettuosa, ma anche molto decisa, perché ero molto vivace: una volta sfondai con la testa una vetrata in casa e mi rivedo ancora sul tavolo della cucina, dove mi aveva steso per ricucirmi lei stessa, visto che aveva studiato Medicina».
Tutto, in Gianna Beretta Molla, parla di “un eroismo semplice, una normalità esemplare, una santità popolare”, per riprendere le parole del card. Carlo Maria Martini. «Tuttavia, pur essendo una persona straordinaria, amava le cose belle, inclusi gli abiti, e apprezzava la musica, la pittura e lo sport – ha ricostruito il figlio –. Anche la Medicina, che visse come una vocazione, sebbene faticò sui libri per laurearsi, perché non le piaceva così tanto studiare; i miei nonni però educarono tutti i figli (ne ebbero 13, di cui 8 sopravvissuti, ndr) all’impegno: “Prima vi laureate, poi se volete fate i religiosi”, dicevano ai miei zii Enrico e Alberto e a mia zia Virginia, che studiarono e quindi presero i voti».
I genitori di santa Gianna erano terziari francescani. «Visse in una famiglia straordinaria e questa fu la prima radice da cui scaturì il suo percorso di fede – ha evidenziato Molla –. Poi a incidere fu il vissuto in parrocchia e dentro all’Azione Cattolica, dove si impegnò sempre a fare del bene agli altri, principio che segnò anche la sua professione». Questa fede spiega la sua scelta di sacrificarsi per dare alla luce la quartogenita; infatti, dopo aver scoperto di avere un fibroma all’utero al secondo mese di gravidanza, nel 1961, si fece operare senza interrompere la gestazione, sapendo che questa scelta sarebbe stata pericolosa al momento del parto.
«Prima di entrare in ospedale disse a mio papà, in modo molto deciso: “Se dovete scegliere tra me e il bambino nessuna esitazione, esigo che scegliate il bambino” – ha proseguito il figlio –. Nonostante il dolore di lasciare noi figli, ha saputo morire per un grande ideale. È stata beatificata per come è vissuta, nonostante di lei sia conosciuto soprattutto il gesto finale: è stata la prima madre di famiglia a essere riconosciuta come santa dalla Chiesa». Non una martire, dunque, ma una persona coerente fino in fondo. Una mamma coraggiosa, che seppe offrire in sacrificio la vita per far vivere la creatura che portava in grembo, coronando un’esistenza esemplare. Così la descriveva papa Giovanni Paolo II, che nel 1993 la proclamò beata e nel 2004 santa. «Fu lui, che aveva tante cose in comune con mia mamma, come la fede e la passione per lo sci, a richiedere espressamente che fosse inserita nella cerimonia del 16 maggio 2004, l’ultima proclamazione di santi che fece prima di morire», ha concluso. 

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