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Europee: banco di prova per l’Unione

Anselmi (Mfe): «L’Unione Europea è un edificio traballante, da completare» 

Europee: banco di prova per l’Unione

L’Unione Europea, un edificio da completare per il bene di tutti gli Stati membri, altrimenti c’è il rischio di venire colonizzati e di perdere la nostra identità. Ad affermarlo è Giorgio Anselmi, presidente nazionale del Movimento Federalista Europeo, un movimento politico non partitico fondato a Milano nel 1943 da Altiero Spinelli insieme a un gruppo di antifascisti e fautore della creazione degli Stati Uniti d’Europa.

– Presidente Anselmi, quali impressioni sta raccogliendo nell’avvicinamento alle elezioni europee di fine maggio?

«Mi dedico alla causa europea esattamente da 40 anni, dalle prime elezioni europee del 1979. Ebbene, nelle precedenti otto campagne elettorali non ho mai avuto così tanti inviti, richieste, proposte di collaborazione come quelle che mi sono giunte in questi ultimi mesi. Questo vale non solo per me, ma per tutte le sezioni e per tutti i militanti del Movimento Federalista Europeo».

– Vien da pensare che le elezioni di maggio siano decisive, forse le prime vere elezioni europee…

«La causa è forse proprio questa. Per la prima volta i cittadini ed anche enti, associazioni, gruppi si rendono conto che la posta in gioco è alta, forse decisiva, perché il progetto europeo viene messo in discussione con virulenza da nemici interni ed esterni. Alle forze nazionaliste e populiste si aggiungono le principali potenze mondiali, tutte pronte ad approfittare delle nostre divisioni e a spartirsi le spoglie del Vecchio Continente».

– Davvero l’Unione Europea è da intendere come un’entità che non permette la realizzazione delle identità nazionali?

«È vero il contrario! Solo uniti in una federazione potremo mantenere le nostre identità nazionali ed anche subnazionali. Il sistema federale è infatti quello che garantisce l’unità e quindi la pace e nello stesso tempo il pluralismo e la libertà degli Stati che ne fanno parte. Senza unione federale invece saremo inevitabilmente colonizzati e finiremo per perdere non solo le identità nazionali, ma anche l’identità europea. Faremo la fine degli Etruschi».

– Ad oggi quali sono i punti di forza della costruzione europea?

«L’Ue ha garantito 70 anni di pace per la prima volta dopo secoli in cui gli europei si sono combattuti in innumerevoli guerre, le ultime delle quali sono diventate mondiali. La pace ha portato poi la collaborazione e la prosperità, tanto che ci sono milioni di persone che dai continenti vicini vorrebbero venire in Europa. Anche il fatto che da sei siamo diventati 28 Stati è un segno di successo. Molti dicono persino che, se nel Regno Unito si tenesse un secondo referendum, oggi l’esito sarebbe diverso. Senza contare che esistono Paesi che ancora bussano alla porta per entrare. Si pensi solo a quale straordinario successo è stato estendere la democrazia e lo stato di diritto prima a tre Paesi retti da regimi autoritari come Grecia, Spagna e Portogallo, poi ai Paesi ex-comunisti».

– Quali i punti di debolezza?

«L’Unione è un edificio incompiuto e per questo gracile e traballante. Laddove si sono trasferite le competenze a livello europeo, come nella politica commerciale, nella gestione del mercato interno, nella politica monetaria, l’Ue non ha niente da invidiare alle grandi potenze mondiali, con cui dialoga da pari a pari. Rimane invece impotente o quasi in tutti quei settori in cui la sovranità è rimasta agli Stati, come nella politica estera, nella difesa, nella promozione della ricerca, nella politica industriale ed energetica, ecc».

– Al tempo stesso drammatica ed utile è stata la Brexit, vero?

«Drammatica sicuramente; utile forse come esempio da non seguire. Brexit è la catastrofe di un’intera classe dirigente, che per miopi calcoli elettorali e di partito ha messo a rischio il futuro di un importante Paese europeo per i prossimi decenni. Essa è la dimostrazione che è molto più facile distruggere che costruire, perché i brexiters, dopo aver vinto per poco il referendum a forza di sparate inverosimili e di fake news, hanno dimostrato di non avere alcun piano alternativo».

– La richiesta di autonomia di alcune Regioni è conciliabile con l’europeismo?

«Certo che è compatibile. Noi federalisti vorremmo un’Italia federale in un’Europa federale. Purtroppo nel nostro Paese da parte di alcune forze si è confuso il federalismo con il secessionismo, che è la sua negazione, perché in realtà non è altro che una forma di micronazionalismo».

– Secondo lei, quali le prossime sfide per un’Unione Europea più capace di dare risposta alle attese dei cittadini?

«I capi di Stato e di governo a fine 2012 hanno detto e scritto che bisognava fare l’unione bancaria, fiscale, economica e politica. Poi non hanno nemmeno completato l’unione bancaria, perché manca ancora l’assicurazione comune sui depositi. Le promesse non mantenute, come ben sappiamo, generano sfiducia ed insofferenza. Come è sempre avvenuto nel lungo processo di integrazione europea, bisogna avere il coraggio di rompere con l’unanimismo ed il diritto di veto, permettendo ad un’avanguardia di Paesi di riformare i Trattati per avanzare risolutamente verso la federazione europea, lasciando sempre la porta aperta per quelli che vorranno entrare in un secondo tempo». 

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