di REDAZIONEUn testo di legge crea una situazione molto... Radicale. La proposta legislativa sul suicidio assistito scardina il concetto di patologia per aprire le porte a ogni situazione in cui non s’intenda più continuare a vivere
Il viaggio, l’ultimo, del dj Fabo si è concluso in Svizzera lunedì scorso. Sul navigatore, preso come metafora, l’arrivo era segnato da una siringa letale. Fabiano Antoniani, questo il nome all’anagrafe, aveva 40 anni ed era considerato una star delle radio e delle discoteche. Poi tre anni fa il terribile incidente, che lo inchioda a una carrozzella oltre a renderlo completamente cieco. Si sentiva prigioniero in una gabbia senza uscite. Da qui l’appello di un mese fa al presidente Mattarella, tramite la compagna: «Voglio morire. Lasciatemi morire»...
No. Non è possibile restare indifferenti. E non è possibile non provare un brivido di fronte al giubilo di qualcuno che in queste ore celebra il Belgio come un faro di civiltà per aver registrato un (triste, tristissimo) primato, quello di essere il primo Paese in cui un minorenne ha subito l’eutanasia...
No, caro Saviano. Questa volta non ci hai proprio convinto. Neanche un impegnato giornalista e fine narratore, quale tu sei, può pensare di capovolgere la realtà, edulcorandola a suon di parole suadenti. La triste scelta dell’eutanasia, narrata nel libro La casa blu, di Massimiliano Governi, – da te recensito di recente – difficilmente può essere definita, come suggerisci, “una preghiera e un inno alla vita”.
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