“In Albania ricevevo la tv italiana e quando vedevo la pubblicità dei cibi per cani e gatti mi dicevo che se c’era tutto questo per gli animali certamente in Italia ci sarebbe stato un po’ di pane anche per i miei bambini”. Lo ricordava in questi giorni una mamma albanese, che arrivata nel nostro Paese per guadagnarsi il pane, ha incontrato difficoltà che non sono ancora superate. In un servizio sulla “corsa al 5 per mille” pubblicato il 15 maggio da un quotidiano nazionale si legge questa domanda: “Possibile, poi, che all’Asilo per cani di Palazzolo Milanese vadano più risorse che alla onlus per la lotta alla leucemia dei bambini? Cani, gatti e società dilettantistiche sportive affollano l’albo dell’Agenzia delle Entrate che ogni anno valuta le domande di ammissione e determina gli esclusi”. E poi ecco la frase di papa Francesco all’udienza del 14 maggio: «...La pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli. Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiutare il vicino, la vicina che ha bisogno… Così non va». Le citazioni non sono per provocare uno schieramento “pro” o “contro” quello che il Papa ha detto. L’accostamento vorrebbe essere una proposta di riflessione sul tema delle relazioni tra gli esseri umani e del rapporto degli esseri umani con gli animali. Non a caso il Papa ha scelto di chiamarsi Francesco. È lui che nell’enciclica Laudato si’ (221) scrive: “Quando leggiamo nel Vangelo che Gesù parla degli uccelli e dice che ‘nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio’, saremo capaci di maltrattarli e di far loro del male?”. Allora perché una reazione così scombinata alle parole di un Papa che continuamente ricorda la responsabilità dell’uomo nei confronti degli altri esseri viventi e dell’ambiente al punto di domandare una “conversione ecologica”? Una delle ragioni potrebbe essere in quella diffusa prontezza a schierarsi ubbidendo a una parola d’ordine o a un titolo di giornale piuttosto che a documentarsi, leggere un testo integrale, valutare con cognizione di causa. È opportuno pensare se non si stia correndo il rischio di trasformare una doverosa tutela degli animali in un condizionamento che arriva a ridurli a schiavi coccolati. E quale fine potrebbe fare l’affetto per quegli animali domestici che sono di compagnia a persone sole, sofferenti o anziane quando verranno sostituiti, come già sta avvenendo, da sofisticati robot umanoidi? È bene cogliere nel messaggio di papa Francesco l’invito a un esame di coscienza sulla capacità di accogliere, accompagnare, amare il povero, il bisognoso, il diverso. Poi anche per gatti e cani ci saranno le crocchette. Una reazione così infastidita può essere dettata dal sentirsi chiamati a rispondere a domande scomode come sono quelle sullo spessore della nostra umanità.