La mia azienda chiude Tante grazie Renzi!

La mia azienda chiude. Il sogno di mio padre svanisce. L’avidità dello Stato e la miopia di governanti inetti ha vinto. La qualità non ha pagato. Essere rimasti onesti non è servito. Altre persone senza stipendio. In Italia non c’è futuro. Non è giusto. Mentre non riesco a trattenere le lacrime, sono queste le frasi che mi rimbalzano nella testa, e me la spaccano in mille pezzi...

November 6, 2016

| DI Diego Marchiori

La mia azienda chiude. Il sogno di mio padre svanisce. L’avidità dello Stato e la miopia di governanti inetti ha vinto. La qualità non ha pagato. Essere rimasti onesti non è servito. Altre persone senza stipendio. In Italia non c’è futuro. Non è giusto. Mentre non riesco a trattenere le lacrime, sono queste le frasi che mi rimbalzano nella testa, e me la spaccano in mille pezzi.
Voglio raccontare cosa si prova quando un giovane vede svanire il suo sogno imprenditoriale: creare posti di lavoro, portare avanti i sacrifici di un padre. Il sogno di essere attori del bene-essere di un territorio. Ed è ciò che sto vivendo.
Quando tre anni fa ho accettato di prendere in mano le redini dell’azienda la situazione non era facile e sapevo che il rischio di perdere la sfida era alto. Ma in poco tempo sono riuscito ad ottenere molto di più di quanto mi aspettassi e stavo per passare dal riassetto ad una fase di sviluppo in politica commerciale, internazionalizzazione, innovazione, eco-sostenibilità.
Ma non avevo fatto i conti con un fattore esterno che ha lanciato la sua scure sulla nostra testa: lo Stato. Il Total Tax Rate al 64% è ormai un dato acquisito, l’insensatezza degli studi di settore pure, non mi dilungo sul peso della burocrazia. Ciò che ha determinato la morte del sogno imprenditoriale è stata l’inettitudine di politicanti – burattini che a livello centrale hanno accettato i capricci di Usa, Ue, Francia e Germania in materia di politica estera. Tutto ha avuto inizio con le tensioni ucraino-russe in Crimea e le stupide sanzioni imposte a Mosca, la svalutazione del 30% del rublo e il conseguente controembargo che la Russia ha fatto su settori strategici per il made in Italy e il Basso Veronese. Game over. Una piccola impresa come la nostra non aveva la forza né le risorse per cambiare repentinamente mercati di riferimento così come fanno i grandi gruppi industriali. E il fatturato inizia a scendere del 25% nel 2015, del 50% nel 2016, fino a che per ottobre ci siamo trovati a non avere alcun ordine di lavoro. Zero. Si chiude.
E allora si apre la voragine della depressione, della frustrazione, del senso di fallimento che logora la mente e stringe il petto come per la morte di una persona cara. Otto persone nel giro di un anno hanno perso il lavoro. Otto famiglie hanno perso la fonte di reddito. La povertà è dietro l’angolo. La mia azienda chiude perché lo Stato, oltre a fare la parte del socio occulto di maggioranza, si è permesso il lusso di penalizzare settori strategici per le economie dei nostri territori strutturate in distretti produttivi sanzionando partners strategici come la Russia. Con il distretto anche il territorio sta morendo. Lo Stato ha dichiarato guerra ai piccoli imprenditori, alle famiglie, ai giovani, ai bambini, agli anziani. È lo Stato antisociale contro il quale bisogna unirsi e ribellarsi, prima che sia troppo tardi.

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