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"Recovery Fund": un fiume di euro per costruire l'Italia del 2050

Tramontato il Governo Conte bis, l'incarico per formarne uno nuovo è stato accettato con riserva da Mario Draghi il 3 febbraio. Opportunità e rischi del Recovery Fund

Parole chiave: Recovery Fund (4), Economia (128), Governo (17)
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Difficile fare previsioni sul nuovo Governo. Invece è certo che il futuro dell'Italia dipenderà, per la gran parte, dalla capacità di spendere bene le ingenti risorse che arriveranno da Bruxelles. Per usare proprio le parole di Mario Draghi – l'ex governatore della Banca Centrale Europea, incaricato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a formare il nuovo Governo – dipenderà dalla volontà di fare “buona spesa” a sostegno dello sviluppo e della crescita, piuttosto che una “cattiva spesa” per rispondere agli interessi di parte e a quelli elettorali dei partiti.

Bisogna dire che in questa drammatica fase della vita degli Stati e dei popoli, la Commissione e il Parlamento europei hanno avuto il coraggio di dare una risposta forte e chiara mettendo a disposizione dei singoli Paesi ingenti risorse finanziarie che dovrebbero consentire di superare l’emergenza sanitaria, economica e sociale in atto e di riprendere, una volta domata la pandemia, il cammino della ripresa. Il bilancio comunitario pluriennale 2021-2027 ha quasi raddoppiato i capitoli di spesa, per toccare la cifra di 1.074,3 miliardi di euro. Ma in aggiunta, con una decisione di portata storica, è stato istituito un fondo straordinario di 750 miliardi denominato Next Generation EU che, come dice il nome, guarda alle future generazioni europee per dare loro un concreto orizzonte di speranza e di realizzazione.

IL RECOVERY PLAN ITALIANO

Di quei 750 miliardi, all’Italia – primo Paese per entità di risorse ottenute – ne arriveranno ben 209(418mila miliardi di vecchie lire!), di cui 65,4 a fondo perduto (sovvenzioni) e 127,6 di prestiti da restituire. Per spendere questi soldi, il Governo ha messo a punto un “Piano nazionale di ripresa e resilienza” che definisce strategie, priorità e settori di intervento secondo le linee ope- rative indicate della Commissione europea. 

È un documento di quasi 200 pagine che pochi avranno la pazienza di leggere, in cui si prevedono 6 missioni strategiche: digitalizzazione, innovazione e competitività (45,4 miliardi); rivoluzione verde e transizione ecologica (66,6 miliardi); infrastrutture (32 miliardi); istruzione e ricerca (26,6 miliardi); inclusione e coesione (21,3 miliardi); salute (18 miliardi). A loro volta queste missioni si articolano in 16 componenti funzionali, e ognuna di queste in 47 linee di intervento: vale a dire in progetti specifici di investimento.

Come si vede una struttura complessa e articolata che ha come obbiettivo di fondo – si legge nel documento – quello di rendere l’Italia “un Paese più sostenibile e inclusivo, con una economia più avanzata e dinamica”. Il Piano dovrà passare al vaglio del Parlamento ed entro aprile prossimo essere trasmesso alla Commissione europeaper una verifica della congruenza degli obiettivi rispetto alle linee guida indicate dalla stessa. Per avere una visione precisa della questione va anche ricordato che i fondi saranno erogati in un arco pluriennale che va dalla seconda metà di quest’anno al 2026, dopo aver superato periodici controlli.

I NUMERI E LA QUALITA' DEI PROGETTI

I numeri, che in questo caso rappresentano le risorse messe a disposizione, sono fondamentali; ma ancor più decisivo risulta l’elenco dei progetti esecutivi e cantierabili da finanziare per far ripartire l’economia del Paese. Qui si pone una prima discriminante di fondo che va evidenziata con chiarezza. Negli investimenti non possono rientrare i sussidi, i bonus, le spese improduttive, i “regali” a tante confraternite e gruppi di pressione.

Lo sviluppo nasce dal sostegno al sistema produttivo, dal rafforzamento della rete infrastrutturale fisica e telematica, da una modernizzazione del Paese che lo renda più efficiente e competitivo. Si promuove la crescita anche favorendo concretamente le famiglie, con politiche demografiche che incentivino le nascite e offrendo loro servizi sociali e scolastici in modo che le donne possano esercitare il diritto al lavoro senza alcuna penalizzazione o rinuncia a fare figli.

Significa ancora mettere in atto una vera politica di tutela del territorio e delle risorse, favorire la riconversione energetica attraverso l’uso incentivato delle fonti rinnovabili. In parallelo si dovranno utilizzare adeguati fondi da destinare agli ammortizzatori sociali per le categorie colpite dalla crisi economica e non far mancare i sussidi a chi si trova realmente in stato di bisogno e patisce varie forme di povertà.

Un Paese civile come il nostro ha un dovere morale verso questi strati, purtroppo sempre più ampi, di popolazione. Sulla capacità di superare questi passaggi decisivi si costruisce il futuro del Paese o al contrario il suo declino demografico ed economico.

L’impegno del Governo Conte bis per far fronte alla terribile crisi provocata dal Covid-19 grazie anche al voto favorevole ai provvedimenti di tutte le componenti in Parlamento (si veda la votazione unanime nei giorni scorsi sullo scostamento di bilancio di 32 miliardi e sui ristori alle categorie colpite dalla crisi) ha portato a un pacchetto complessivo di 165 miliardi che innalza però il rapporto deficit-Pil dal 134% del 2019 al 157-160% previsto per fine 2021.

Sono debiti che vengono caricati sulle spalle delle future generazioni e che devono essere rimborsati. Proprio per questo, da parte di tutte le forze politiche ci deve essere il dovere anzitutto morale di fare le scelte giuste e di lavorare, con spirito di responsabilità, per il bene comune come chiedono da tempo il capo dello Stato, Mattarella, e papa Francesco.

 

(Foto di Maryna Yazbeck da Unsplash)

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