Papa Francesco nella sua recente enciclica Laudato si’ al n. 161 scrive: “Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta avvenendo periodicamente in diverse regioni”. Parole chiarissime e molto pesanti ben sintetizzate nello slogan di Ban Ki Moon, segretario generale dell’Onu: “Per salvare il pianeta non esiste un piano B, perché non c’è un pianeta B”.
Quando si affrontano questi temi a tutti vengono in mente le grandi istituzioni economico-finanziarie mondiali ritenute responsabili della situazione. Il cittadino, la persona si sente inerme e impossibilitata a intervenire. Ma in realtà non è così.
Prendiamo in prestito un tratto del discorso del Papa rivolto ai partecipanti all’incontro promosso dalla “Fondazione per lo sviluppo” dove Francesco si chiede: «In che modo possiamo esercitare la nostra responsabilità, la nostra solidarietà, la nostra dignità di persone e cittadini del mondo? Ognuno è chiamato a rispondere personalmente, nella misura che gli compete in base al ruolo che occupa nella famiglia, nel mondo del lavoro, dell’economia e della ricerca, nella società civile e nelle istituzioni. Non sfoderando improbabili ricette: nessuno le ha! Piuttosto offrendo quanto ha capito al dialogo e accettando che il proprio apporto sia messo in discussione: a tutti è richiesto un contributo in vista di un risultato che non può essere che frutto di un lavoro comune. Il grande nemico qui, è l’ipocrisia».
La via è indicata: la responsabilizzazione diffusa e il dialogo tra tutti. In questo modo il problema passa dalle mani di pochi pionieri un po’ incompresi a dibattito aperto tra tutti, che non colpevolizza, ma include, e invita ad una revisione dei propri stili.
Questa esperienza si è fatta domenica 13 settembre a Valeggio durante il Festival “Stili di vita” promosso e sostenuto da alcuni anni dal “Tavolo di coordinamento degli enti socio-assistenziali del Vicariato di Villafranca-Valeggio” che segna l’inizio di un cammino in grado di coinvolgere le realtà civili ed ecclesiali partendo dalla relazione proposta dall’economista Stefano Zamagni dal titolo “Semi di sostenibilità”.
L’evento, che ha visto impegnati oltre alla Caritas anche la parrocchia, alcune associazioni e l’amministrazione comunale di Valeggio, ha raccolto la prospettiva ampia e lungimirante lanciata da Zamagni, secondo il quale non si tratta di «consumare di meno, ma consumare diverso». È in atto una distorsione, dove consumiamo beni e servizi di cui possiamo fare a meno (beni privati), mentre non possiamo consumare beni di cui abbiamo bisogno e nessuno produce (beni comuni e beni relazionali). Ci rendiamo conto che i beni privati ci danno utilità e non felicità, perché rompono le relazioni e non le favoriscono. I “beni privati” sono gli oggetti di cui facciamo incetta a basso prezzo, mentre i “beni comuni” sono l’ambiente, la cultura, e i “beni relazionali” sono l’amicizia e l’armonia (ad esempio tra tempi di lavoro e tempi familiari). Cambiare stile di vita significa quindi recuperare il principio del dono come gratuità, come relazione che contrasta l’individualismo libertario secondo il quale è “vietato vietare”.
Ci rendiamo conto perciò che sono molteplici le aree coinvolte e riguardano la relazione con le cose, con le persone, con la natura e la mondialità. Aree da attraversare in profondità.
È tempo di assumerci il compito di declinare la riflessione a livello personale e soprattutto delle nostre comunità civili e religiose superando barriere e steccati. Quali semi di sostenibilità possiamo gettare tra le persone, nelle nostre famiglie, nei nostri gruppi e associazioni, nelle nostre parrocchie, nella società civile, nei nostri Comuni? Il dibattito è aperto!