A dieci anni dalla conclusione del Sinodo Diocesano (2002-2005) risuona ancora forte la domanda che lo ha guidato: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). La domanda di Gesù è stata riconosciuta così attuale da diventare l’indicatore dello stesso Sinodo. È un appello a verificare l’esperienza che ci appartiene, a saper dire ciò che viviamo, ma è anche una domanda che la Chiesa di Verona ha voluto condividere. Un interrogativo che ha racchiuso il desiderio di mettersi in ascolto delle domande, dei vissuti sofferti, ma anche delle speranze e delle nuove opportunità che la vita offre.
La Chiesa di Verona ha riformulato per se stessa la domanda di Gesù in questi termini: «Che cosa cercate per il futuro di questa Chiesa? Che cosa cercate per rispondere alle domande di senso sulla vita e, prima ancora, per suscitarle?».
Questo compito è racchiuso nel tema che il vescovo Flavio Roberto Carraro ha indicato per il cammino sinodale vissuto: «La Chiesa di Verona si pone in ascolto, riscopre la propria identità, annuncia con gioia il Vangelo». Ci siamo riconosciuti nel fatto che solo una comunità disposta a porsi in ascolto della parola di Dio e delle molteplici parole, dei vissuti delle persone, preoccupata innanzitutto di diventare lei stessa autentica, cioè di riscoprire la propria identità, è in grado di comunicare il Vangelo con parole significative per gli uomini e le donne del nostro tempo.
Proprio l’ascolto è stato il punto forza del cammino sinodale, assunto come modo, stile, in cui lasciare spazio alla novità che lo Spirito ci ha suggerito. In questa ottica hanno offerto un apporto prezioso anche le voci fraterne delle altre confessioni cristiane presenti in Verona. Così, l’ascolto ha portato alla riflessione su alcuni aspetti in cui avvertiamo uno “scarto” tra quello che il Vangelo chiede e quanto noi riusciamo a vivere. Questi sono stati individuati attorno a cinque ambiti: la corresponsabilità e partecipazione nella Chiesa, la famiglia, i giovani, i mondi del disagio, il dialogo e annuncio nella pluralità culturale, sociale e religiosa.
Le diverse voci e sensibilità di presbiteri, di religiosi, di laici intorno a queste situazioni sono state raccolte e rielaborate e hanno costituito l’oggetto di un approfondito confronto durante le Assemblee Sinodali. Le stesse Assemblee sono state un luogo in cui si è fatto esperienza e in cui si è elaborato un modello di Chiesa: il modo di accostare i problemi, l’assunzione responsabile di essi da parte di tutti, il confronto aperto, le relazioni instaurate, i criteri di discernimento assunti, la modalità del consenso vero e dell’assenso interiore con cui sono state prese le decisioni sinodali.
Gli stessi cambiamenti avvenuti lungo il cammino sinodale sono memoria di come l’ascolto è stato l’angolazione prospettica da cui l’abbiamo vissuto. Anche gli organismi e gli strumenti individuati ad accompagnare il cammino sinodale si sono compresi a partire da un modello di Chiesa qualificata dall’ascolto e dalla comunione. In particolare il Consiglio di Presidenza, la Segreteria, le Commissioni, gli animatori hanno voluto essere segno e risposta a una reale domanda di partecipazione ecclesiale che proveniva dallo sviluppo del cammino sinodale stesso. Proprio nel modo di vivere l’esperienza abbiamo colto che quanto si diceva era già in atto, e che è possibile essere Chiesa in uno stile sinodale. In questo, il Sinodo rimane come un “punto di non ritorno” che segna definitivamente la storia della Chiesa che è in Verona.
Di fatto, ci è stata riconsegnata la ricchezza di ciò che il Concilio già ci aveva donato e, rileggendolo oggi, di vivere un tempo propedeutico alla Evangelii Gaudium.
L’esigenza di dare seguito allo stile di comunione vissuto e alle indicazioni individuate, rimane tuttora una delle attese post-sinodali più vive.