Non può esistere una società senza lavoro, ecco perché

Nel dibattito pubblico trova spazio l’idea di una società senza lavoro. Per molti potrebbe essere un sogno: vivere senza far nulla, nell’ozio, ma sarebbe sostenibile? Molto probabilmente no. Ci si troverebbe in una società immobile. Una società senza lavoro rischia di sgretolare le relazioni e di portare l’uomo e la donna all’inerzia...

March 25, 2018

| DI Andrea Casavecchia

Nel dibattito pubblico trova spazio l’idea di una società senza lavoro. Per molti potrebbe essere un sogno: vivere senza far nulla, nell’ozio, ma sarebbe sostenibile? Molto probabilmente no. Ci si troverebbe in una società immobile. Una società senza lavoro rischia di sgretolare le relazioni e di portare l’uomo e la donna all’inerzia.
Differente invece è immaginare una società con un mondo del lavoro diverso da quello attuale. Oggi i problemi ci sono. In molte zone diminuisce il numero degli occupati e aumenta la produttività. L’introduzione di innovazioni tecnologiche modifica le tipologie di mestieri e di professionalità. Dentro questo scenario è importante denunciare l’aumento delle disuguaglianze, non solo a causa delle differenze economiche. I motivi sono anche altri: i più deboli perdono costantemente potere contrattuale, perché sono facilmente sostituibili (a volte anche da robot); in alcuni casi possono essere sfruttati, in altri vengono lentamente emarginati. In tutti i casi, però, il lavoro non scompare dalla società.
Sicuramente le trasformazioni in atto richiedono un nuovo modo di considerare le attività umane. Lavorare, nello stesso posto e con gli stessi compiti, sarà sempre più difficile. Ci saranno periodi di transizione tra un lavoro e un altro, ci sarà il bisogno di rinnovare le proprie competenze. Tutto ciò richiede un sistema di welfare che sostenga le persone nei periodi di inattività.
Ma ancora prima c’è bisogno di distinguere tra le finalità del lavoro, perché altrimenti le disuguaglianze continueranno a crescere. Ci sono lavori che distruggono l’uomo e distruggono le sue relazioni. Questi lavori, che hanno la loro unica finalità nella retribuzione, tendono a creare la disuguaglianza tra chi gestisce il potere e gli altri, tendono a costituire e mantenere le persone dipendenti da strutture, tendono a privilegiare visioni individualiste.
Ci sono invece lavori che danno senso all’uomo e alimentano i suoi legami. Questi tipi di lavoro non sono circoscrivibili al mero profitto, vanno oltre, perché contribuiscono a costruire una comunità. Più che una società senza lavoro andrebbe riscoperto il suo significato, che non si limita a un buon guadagno. Il cambio di modello produttivo incide nella struttura sociale e va governato se si vuole garantire a tutti un idoneo livello di benessere. Alcuni parlano di decrescita, altri di nuovo modello di sviluppo equo e sostenibile. Si tratta di accostare alla logica del profitto, i principi di solidarietà tra persone e tra popoli e di rispetto ambientale.

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