Le parole saranno come pietre ma la misericordia le rende costruttive

Andiamo tutti di fretta, non abbiamo tempo per fermarci, per stare ad ascoltare, per informarci sentendo le diverse campane, per riflettere, per porci delle domande, per risolvere i nostri dubbi e così farci un’idea sulle diverse questioni...

January 31, 2016

| DI Alberto Margoni

Andiamo tutti di fretta, non abbiamo tempo per fermarci, per stare ad ascoltare, per informarci sentendo le diverse campane, per riflettere, per porci delle domande, per risolvere i nostri dubbi e così farci un’idea sulle diverse questioni. È troppo persino contare fino a dieci prima di dare un giudizio che non sia dettato solo dall’impulsività emotiva o dalla paura del diverso che non conosciamo. E poi i nuovi media ci impongono la brevità, ci insegnano ad emettere sentenze, spesso spietate, più che a costruire discorsi articolati e argomentati. Basta una sigla, accompagnata da un emoticon (una faccina) per far comprendere come la pensiamo e quale sia il nostro stato d’animo. Se poi ci si può celare dietro un nome fittizio, si ritiene lecito dare libero sfogo agli impulsi più fegatosi.
Se questo è il contesto, che spazio c’è per la misericordia nel nostro comunicare? È l’interrogativo che sorge leggendo il messaggio per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, nel quale siamo invitati a riscoprire che le parole hanno il potere di “gettare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione”, di costruire una vera cittadinanza e che la comunicazione è un dono di Dio, ed è anche una grande responsabilità.
L’attenzione vigile “sui modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato” dovrebbe coinvolgere pure la politica, la diplomazia e il mondo dell’informazione, quello che (salvo rare eccezioni) non ha dedicato una-parola-una al messaggio del Papa. Come se “una visione della società radicata nella misericordia sia ingiustificatamente idealistica o eccessivamente indulgente”. Pare di sentirli i grandi capi dei media laici: comunicazione e misericordia, e noi che c’entriamo? Se c’è una notizia, bisogna darla, dura e pura, senza moralismi o facili pietismi. Se poi c’è l’occasione di bacchettare qualche avversario politico o economico evidenziandone le malefatte, che problema c’è? Del resto non è questo che vuole il pubblico? Chi ci darebbe attenzione se usassimo parole mosce, dubitative? Con i se, i ma e i però non si va lontano. La misericordia? Lasciamola ai cattolici, poverini.
Fantacronaca? Forse. Il Papa in fondo ci ricorda che le parole sono come pietre: con il buon cemento della misericordia (ma possiamo chiamarla amore, carità e, in fin dei conti, laicamente, etica professionale e deontologia) possono servire per edificare una casa, un quartiere, una città, per costruire una società vivibile ma se scagliate contro qualcuno possono ferire e arrivare a distruggere. Quindi vanno utilizzate con scienza e coscienza. Un invito valido per tutti coloro che fanno informazione. Cattolici e non.

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