In questi giorni si sono ricordati gli undici anni dalla morte di Michael Jackson (29 agosto 1958 - 25 giugno 2009), avvenuta per intossicazione da psicofarmaci e anestetici, presi per sopportare dolori fisici e stress. Una vita di grandi successi e di intensi travagli. Era considerato il re del pop e uno degli uomini più famosi del pianeta; l’artista più premiato e tra i maggiori benefattori nella storia; miliardi di album venduti e oltre un miliardo di dollari come patrimonio; orecchio musicale assoluto e inventore – di fatto – dei videoclip musicali.
Da sempre alle prese con un difficile rapporto con il padre, senso di solitudine e problemi di salute, ebbe varie disavventure finanziarie e legali. Per un lungo periodo fu fortemente criticato dai media che vedevano nel progressivo “sbiancamento” della pelle un volontario tradimento delle sue origini afroamericane; solo nel 1993 dichiarerà di soffrire di una rara e acuta forma di vitiligine, che si estese universalmente sul suo corpo nel 1984; l’autopsia lo confermerà, mentre negherà altre patologie a lui attribuite.
Le sue parole e la sua testimonianza sono state fondamentali per “sdognarare” questa malattia cronica della pelle e per iniziare a sradicare l’idea – scientificamente infondata – che sia contagiosa. Proprio il 25 giugno, dal 2011, si celebra la Giornata mondiale della vitiligine con l’intenzione di farla conoscere maggiormente. Secondo gli studiosi circa l’1% della popolazione ne soffre, senza differenza significativa di razza o di sesso; appaiono dapprima delle piccole macchie di una colorazione decisamente più chiara della pelle circostante, in maniera irregolare ma simmetrica, che pian piano aumentano di dimensioni e di numero.
Non si comprende molto delle cause (probabilmente la sinergia di molteplici fattori), nonostante sia conosciuta da millenni e sia dettagliatamente descritta già nel De Medicina del medico romano Aulo Cornelio Celso (I secolo). Si conoscono bene, invece, le conseguenze che non sono sul piano fisico e sulla speranza di vita, ma pesantemente psicologiche: senso di rifiuto, isolamento e depressione.
Proprio per la complessità e per le diverse ipotesi sull’origine, non è al momento disponibile una cura completa, anche se non mancano alcuni trattamenti che producono buoni risultati, andando a stimolare per mesi i melanociti; non si riesce però a curarla completamente, a prevenirne la diffusione o il ripresentarsi.
Sembrano così rimanere due soluzioni per ridurre il disagio che ora provano sia le persone che ne soffrono sia chi entra in contatto con loro: o camuffare il tutto con un adeguato make-up o modificare radicalmente lo sguardo di tutti. È la sfida che si è data Winnie Harlow, giovane modella canadese alle prese con la vitiligine da quando aveva quattro anni: dopo aver subito per anni bullismo ed aver pensato al suicidio, senza paure e camuffamenti ha iniziato a partecipare a concorsi di bellezza, divenendo testimonial di vari marchi di moda, tra cui la veneta Diesel.