L'angolo del Diritto
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Figli maleducati, di chi è la colpa?

Si dice che fare il genitore sia il “mestiere” più difficile del mondo. Perché mai? Siamo abituati a vedere ogni giorno diverse situazioni: bambini che dicono parolacce, che urlano perché vogliono ottenere qualcosa, che non stanno fermi; altri che umiliano i coetanei, che li picchiano per futili motivi o che rispondono sgarbatamente agli adulti; che deridono l’insegnante dopo i rimproveri o addirittura la denigrano...

Parole chiave: Diritto (4), Maleducazione (1), Figli (10), Genitori (17)
Figli maleducati, di chi è la colpa?

Si dice che fare il genitore sia il “mestiere” più difficile del mondo. Perché mai? Siamo abituati a vedere ogni giorno diverse situazioni: bambini che dicono parolacce, che urlano perché vogliono ottenere qualcosa, che non stanno fermi; altri che umiliano i coetanei, che li picchiano per futili motivi o che rispondono sgarbatamente agli adulti; che deridono l’insegnante dopo i rimproveri o addirittura la denigrano. Ci sono tanti altri comportamenti inaccettabili e molte volte illeciti a cui abbiamo assistito e per i quali è necessario chiedersi di chi sia la responsabilità.
Ed ecco la risposta. L’origine di una buona o cattiva educazione va sempre cercata a monte. I genitori sono proprio coloro che impartiscono ai figli i buoni principi e i valori. E quando i figli commettono fatti illeciti, intervengono le norme del diritto. Nel codice civile, norma cardine è l’art. 2048 che sancisce la responsabilità di genitori, tutori, precettori e maestri d’arte per i danni cagionati a terzi dai figli, pupilli, allievi e apprendisti, salvo che provino di non aver potuto impedire il fatto.
La ratio, o per meglio dire il motivo, della previsione di responsabilità risiede nel fatto che l’illecito è commesso da una persona che, per immaturità o inesperienza, si deve presumere inesperta, e perciò pericolosa e bisognosa di sorveglianza. Si parla, in diritto, di “culpa in vigilando”.
Le ipotesi di responsabilità ai sensi dell’art. 2048 c.c. potranno riguardare illeciti di rilevanza penale e anche semplicemente civile. In entrambi i casi i genitori saranno dichiarati responsabili solo se non dimostreranno di non aver potuto impedire il fatto. In termini positivi, dovranno dimostrare di aver adeguatamente vigilato e adeguatamente educato (culpa in vigilando e culpa in educando).
Sono questi i principi applicati dal giudice di pace di Conegliano, Massimiliano Marchetti, in una recente sentenza con la quale sono stati condannati i genitori di un minore convenuti in giudizio da un’insegnante a seguito dell’attività diffamatoria posta in essere dall’alunno nei confronti di quest’ultima. Il giudice ha ritenuto integrata la responsabilità dei genitori per la condotta offensiva e denigratoria del figlio.
Nei fatti, il minore al quale era stato assegnato un tema dal titolo “Lettera ad un amico”, aveva definito l’insegnante “impazzita, sclerata, da casa di ricovero”. Nelle motivazioni del giudice si legge che le espressioni usate dal minore sono fortemente lesive dell’onorabilità dell’insegnante e che anche il biglietto di scuse che il minore avrebbe presentato all’insegnante, prestampato probabilmente da un adulto con tanto di spazio per la firma, sicuramente non è indice di resipiscenza, ossia consapevolezza dell’errore e pentimento.
Inoltre, il giudice ha rilevato che i genitori hanno disertato la richiesta di colloquio inoltrata dal dirigente scolastico e, nonostante le problematiche evidenziate dal comportamento del figlio, si sono sottratti al confronto con gli insegnanti. A riprova che il comportamento negativo dei genitori ha delle conseguenze, anche giuridiche, sull’educazione del figlio.

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